VULVODINIA: tra psicoterapia e occasione di rinascita

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Chi è la donna che soffre di Vulvodinia: un profilo...

La paura di provare dolore, la paura di bloccarsi durante l'atto sessuale, la vergogna di sentirsi sbagliate e "non funzionanti". Queste sono tra le più comuni emozioni che le donne con vulvodinia sperimentano, unitamente ad un profondo senso di sconforto e smarrimento dovuto alle molteplici e diverse diagnosi avute nel tempo a causa dei loro sintomi.

Di frequente sono "congelate" dal timore di non ritrovare la propria femminilità e la propria vita sessuale e difficilmente sanno a cosa ricondurre la comparsa dei sintomi. Spesso sono "sopravvissute" a eventi dolorosi e spaventosi, oppure portano con loro vissuti di ansia e panico a cui fa da eco un atteggiamento di ipercontrollo costante del quotidiano, di cui non percepiscono gli effetti negativi nella loro vita.

La valutazione

In un primo momento è necessario rispondere a queste domande: a cosa sono sopravvissute? da cosa fuggono oggi? di chi o di cosa portano il peso?

Frequentemente sono infatti donne iperesponsabilizzate, adultizzate sin da piccole, che hanno dovuto inibire le proprie emozioni per potersi adattare ad un contesto di vita difficile.

Ci sono stati eventi che hanno messo in pericolo la loro incolumità fisica? Aborti, violenze, parti difficili? Come hanno reagito? Cosa è successo intorno a loro?

Sono maestre di straordinaria forza, eppure spesso ne pagano un caro prezzo sviluppando in contemporanea patologie come endometriosi, fibromialgia o malattie autoimmuni: portate a sacrificarsi per l'altro, ad allontanarsi da sé stesse e dai loro bisogni emotivi che spesso fanno difficoltà a conoscere e riconoscere. Queste modalità le hanno apprese come modello familiare o la loro è stata una risposta condizionata dall'ambiente?

La Vulvodinia come segnale

Cambia così la visione della vulvodinia: da nube nera che avvolge la vita della donna, a campanello di allarme per equilibri e dinamiche che vanno visti e ripristinati nelle varie aree di vita.
Non basta quindi curare il sintomo: é importante capire perché quel sintomo e perché proprio ora. Solo così sarà possibile coglierne il vero messaggio di aiuto in termini di crescita personale e tutto il potere di rinascita che porta con sé.

Cosa è possibile fare?

Nel percorso diagnostico della donna con sintomi da vulvodinia, oltre alla valutazione dell'impatto dei sintomi sul quotidiano, è necessario raccogliere la storia di vita e indagare sulla presenza dei traumi T (ovvero traumi riguardanti la minaccia della propria incolumità).

Spesso lo scoglio più grande è la paura di provare nuovamente dolore, sia fisico che psicologico: a tale scopo le tecniche COGNITIVO COMPORTAMENTALI, unitamente alle tecniche di RILASSAMENTO E MINDFULLNESS, permettono una migliore gestione del sintomo attraverso la regolazione della tensione muscolare. Questo primo intervento permette alla donna di tornare a sentirsi efficace e non in balia dell’imprevedibile. 

In caso di traumi T, la tecnica EMDR permette di lavorare sulla risposta post traumatica fino a completa elaborazione dell'accaduto.

Qualora siano presenti eventi stressanti che perdurano, a cui è necessario far fronte (cambio di lavoro, nuovo stile di vita, nuova relazione su cui si sta investendo molto emotivamente o fine di una relazione disfunzionale), le strategie utilizzate prevedono una miglior gestione dello stress e delle risposte emotive, sviluppando nuove modalità di decompressione emotiva e incentivazione delle risorse personali. Si interviene prima sul riconoscimento dei bisogni emotivi e sul loro soddisfacimento (limiti sani, esplorazione, rispecchiamento emotivo in primis), per passare poi allo sviluppo delle abilità assertive che permettono di avere rapporti equilibrati, ruoli e responsabilità definite all'interno delle relazioni. Riconoscere i propri bisogni, dar loro un nome e validarli, collegarli alle proprie emozioni, significa iniziare a sentire nel profondo e stabilire limiti sani per la propria identità.

Nell' eventualità di dinamiche di coppia non funzionali, si adottano interventi mirati ad una comunicazione efficace al ripristino di una intimità e complicità di coppia.

Una luce in fondo al tunnel

Se ti sei riconosciuta nel profilo, se hai provato quelle sensazioni, se una parte di te sente un carico emotivo eccessivo da tempo ma ha comunque cercato di tenere duro, forse è arrivato il momento di fermarti. Il tuo corpo e la tua vita ti stanno chiedendo uno stop e lo stanno facendo nel solo modo che gli consente di essere ascoltati: colpire proprio lì dove la vita ha inizio

Dottoressa Anna Chiara Venturini
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Formazione in Schema Therapy
Terapeuta EMDR

www.psicotime.it

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APPROCCIO SESSUOLOGICO ALLA VULVODINIA

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La vulvodinia è una condizione invalidante della sessualità femminile poichè interviene in modo incisivo nella vita di coppia. Nella vulvodinia il rapporto sessuale è caratterizzato da dolore, di conseguenza i partners tendono ad assumere comportamenti che progressivamente conducono al totale evitamento della sessualità, rischiando di  compromettere la relazione di coppia.

La vulvodinia è una condizione che tende a deteriorare la donna stessa, nella sua autostima e nel senso di autoefficacia personale, creando una ferita profonda nell’area della femminilità.

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Dopo la comparsa dei primi sintomi locali, inizia una serie di comportamenti tipici della donna e poi della coppia che conducono ad un’escalation del disagio:

1) Sottovalutazione dei sintomi e sporadico comportamento di evitamento della penetrazione. Inizialmente si pensa che il dolore derivi esclusivamente da una condizione dermatologica momentanea, pertanto si tende ad evitare la penetrazione durante il rapporto sessuale facendo solo sporadici tentativi.

2) Limitazione della flessibilità sessuale. In un secondo momento, vedendo che la situazione dolorosa non migliora, si possono mettere in atto 2 diverse modalità di comportamento: a) diminuzione dei tentativi di penetrazione e limitazione della sessualità al solo scambio masturbatorio; b) assunzione di un approccio più aggressivo, insistendo sui tentativi di penetrazione, imponendosi di sopportare il dolore.

3) Ansia e tristezza procurano pianto post coitale. In questa fase ci si rende conto che il problema “dermatologico” non si risolve da solo. Questa presa di coscienza provoca senso di impotenza e paura che si manifestano con attacchi ansiosi prima di ogni approccio sessuale e crisi di pianto dopo il rapporto doloroso.

4) Evitamento assoluto della sessualità. Il vissuto del piacere durante il rapporto sessuale si riduce ampiamente fino ad essere sostituito dal dolore, dall’ansia e dalla tristezza. Queste emozioni vengono automaticamente associate al rapporto sessuale con la conseguenza di evitare totalmente ogni tipo di approccio.

5) Freddezza e assenza di tenerezza nella coppia. La paura di trovarsi nella situazione in cui il partner esprima desiderio sessuale rende la donna fredda e distaccata, intenta ad evitare ogni forma di contatto e vicinanza fisica.

L’esito di questa escalation comportamentale mette la donna e la coppia in una situazione di esplicita crisi che spesso sfocia nella separazione.

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Le conseguenze psicologiche possono essere molteplici:

a) progressivo svilimento della propria femminilità

b) erosione della propria autostima per non sentirsi in grado di provare e procurare piacere

c) Riduzione del senso di autoefficacia personale per non essere stata in grado di risolvere il problema

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d) stato ansioso depressivo ed evitamento sociale

e) riduzione del piacere, della gioia e dell’interesse a svolgere altri compiti di vita quotidiana, che può ripercuotersi anche in altre aree come lo studio e il lavoro

f) accentuazione dei conflitti con alcune figure specifiche della famiglia di origine.

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Ci sono percorsi alternativi che si possono attuare per evitare che il disagio locale conduca ad esiti così drammatici? Cosa posso fare per evitare che un disagio locale pervada altre aree della mia vita?

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1) Quando l’attività sessuale provoca dolore o fastidio è fondamentale FERMARSI e rivolgersi al proprio ginecologo, NON INSISTERE con la penetrazione, NON SOTTOVALUTARE il disagio

2) Insieme al proprio ginecologo VALUTARE la possibilità di prendere in considerazione una CONSULENZA SESSUOLOGICA

3) Insieme al consulente sessuologo INTRAPRENDERE UN PERCORSO SESSUOLOGICO CLINICO,in collaborazione con il ginecologo esperto.

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Non mi sono rivolta subito a un ginecologo e adesso provo molta ansia, cosa posso fare?

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1) Sei ancora in tempo per limitare il disagio, pertanto puoi rivolgerti a un ginecologo esperto nella vulvodinia!

2) Puoi rivolgerti ad un sessuologo esperto nel trattamento della vulvodinia! Eventualmente il consulente ti fornirà il contatto di un ginecologo esperto.

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Che cosa è una consulenza sessuologica?

l’OMS definisce la consulenza sessuologica come “attività di sostegno capace di aiutare le persone in difficoltà ad assimilare le loro conoscenze e trasformarle in stili di vita soddisfacenti e comportamenti responsabili”.

Durante una consulenza sessuologica vengono raccolte tutte le informazioni che riguardano la situazione presente e passata della donna. Queste informazioni possono essere confrontate con quelle raccolte dal ginecologo.

Sulla base delle informazioni emerse durante la consulenza si valutano 3 possibilità:

a) Il consulente non individua fattori che possano essere risolti attraverso un approccio sessuologico

b) Il consulente riscontra le condizioni per proseguire con un approccio di sostegno alla risoluzione, in collaborazione col ginecologo

c) Il consulente riscontra le condizioni per intraprendere un percorso di terapia sessuologica ad approccio breve mediante applicazione di PROTOCOLLI SPECIFICI

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Cosa sono i protocolli specifici?

I protocolli sono azioni terapeutiche basate su direttive pratiche (mansioni) proposte dal consulente che la donna e/o la coppia esplicano a casa. Essi promuovono comportamenti virtuosi per la donna e per la coppia.

Le mansioni prevedono esercizi fisici allo scopo di:

1) desensibilizzare la parte coinvolta dal bruciore o dolore mediante esercizi di contatto,

2) ridurre la tensione muscolare con massaggi specifici.

Il consulente, oltre ai protocolli specifici, potrebbe riscontrare le condizioni per intraprendere un percorso sessuologico inserendo come supporto anche il partner.

I protocolli vengono integrati con colloqui psicologici che aiutano a comprendere il percorso da attuare per la risoluzione o il miglioramento del disagio.

E per finire...

“L’amore è la risposta, ma mentre aspettate la risposta il sesso può suggerire delle ottime domande.”  Woody Allen.

della Dott.ssa Giusy Nasello,

Psicoterapeuta ad approccio Cognitivo-Comportamentale, specialista in Sessuologia Clinica

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Parliamo di VULVODINIA

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Repubblica inserto Donna 8 marzo 2022

Cos'è la Vulvodinia? Perchè è importante parlarne? Cosa possiamo fare per guarire?


LA DONNA E IL SUO SILENZIO

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Consigli per le donne sulla separazione consensuale e giudiziale dei coniugi.

Sono tanti i motivi che inducono una coppia a separarsi, sia in maniera consensuale che giudiziale.

Tra i motivi più ricorrenti che lamentano i coniugi che intendono separarsi c’è la mancanza tra loro di un’intesa sessuale.

Purtroppo, accade che i coniugi trascurino il fatto che tutto possa trarre origine da un problema personale del quale sono inconsapevoli, come l’anorgasmia (incapacità a raggiungere l’orgasmo) o dolori durante il rapporto, e fraintendono tale doglianza in una non “corrispondenza di amorosi sensi”.

Molto spesso la prima a capirlo è la donna,

ma interviene quando la coppia è ormai irrimediabilmente minata o persino già divisa, e si affligge per il suo silenzio e per non aver esternato al compagno di non avere mai provato quelle pulsioni naturali e reazioni appaganti nel rapporto sessuale.

Tale silenzio può anche trarre origine dal pudore di affrontare ancora oggi questo argomento o dalla paura di perdere il legame affettivo con il marito, ma il più delle volte la donna non tende a credere che il problema possa annidarsi in una patologia all’apparato genitale di cui lei è inconsapevole. Tutto ciò la porterà a limitare, o peggio ad evitare i contatti intimi con il coniuge per non provare disagio personale, ingenerando in questi la percezione di non essere desiderato per mancanza di attrazione fisica nei suoi riguardi.

Giunti al punto di non avere più rapporti sessuali, il marito non si sentirà “uomo” all’interno della coppia. La sua frustrazione aumenterà per il desiderio inappagato di attenzioni e di più rapporti intimi, spesso non assecondato dalla moglie in richieste e desideri per lei imbarazzanti. E, se non soddisfatto, cercherà altrove ciò che non può avere in casa e nel suo matrimonio.

E’ in quell’occasione che il compagno commette più spesso adulterio, pensando di essere una vittima, laddove le vittime sono entrambi i coniugi. 

L’uomo che per natura preferisce l’azione al dialogo, cercherà e troverà un’altra consolazione esaudente, avvalendosi della “freddezza” della moglie come causa del fallimento del matrimonio,

sostenendo a sua discolpa che non si adempiva ai doveri coniugali perché l’affectio maritalis era ormai da tempo svanita e tutto ciò solo per giustificare un suo tradimento; quando in realtà bastava che l’uomo fosse più attento all’indole muliebre, per cogliere il frutto del disagio e aiutare la donna a sanarlo.

In tal modo, la donna rischia di subire una separazione giudiziale con addebito, in aggiunta all’adulterio sofferto, inconsapevole del fatto che forse i problemi di coppia traggono origine proprio dal compagno o da patologie latenti di carattere sessuale che non sapevano di avere.

Atteso che ad oggi è difficile trovare nei coniugi la volontà di recuperare un matrimonio per farlo risorgere, per tutelare la donna è necessario che si comprenda l’origine clinica o psichica di tale ritrosia sessuale, per difendersi dall’accusa di essere colpevole dell’unione infranta ed anzi ritorcere sul compagno l’addebito per non averla assistita nel ricercare e curare eventuali patologie.

Intervenire per tempo potrà salvare la coppia ed evitare una divisione; diversamente sarà comunque un aiuto ad affrontare una separazione con maggiore consapevolezza.

Il procedimento per separazione può essere proposto in due modi: in via consensuale ed in via giudiziale.

Il processo per separazione consensuale è proposto da entrambi i coniugi che chiedono l’omologazione di un accordo tra loro perfezionato, contenente le condizioni da loro stessi dettate ed approvate ed il procedimento si celebra e conclude in un’unica udienza.

Al contrario, quando non vi è un accordo, viene proposto il procedimento per via giudiziale da uno solo dei coniugi chiedendo anche “l’addebito”, vale a dire l’imputazione all’altro consorte della colpa del tracollo del matrimonio. Se è il marito che richiede una separazione giudiziale, il rischio è che la moglie, che in genere ha un reddito più debole, non si veda riconoscere l’assegno di mantenimento e possa subire un successivo processo in sede civile per il risarcimento danni. 

Ovviamente questo procedimento è caratterizzato dalla conflittualità anche estrema tra i coniugi, ed è strutturato in un vero processo con documenti da produrre e testimoni da ascoltare a prova e a discolpa delle parti.

E’ per la natura di tale processo che è fondamentale ricorrere ad un’assistenza completa per la donna, composta da documentazione medica, psicologica e legale, per consentirle una difesa tale da contrastare le richieste avversarie e veicolare tutti gli elementi a sua difesa, per ottenere un rigetto della domanda giudiziale proposta dal marito, oppure per una conversione del giudizio in separazione consensuale, raggiungendo un accordo pro bono pacis a vantaggio di tutti.

Le motivazioni che inducono una coppia a separarsi sono molteplici, ma l’elemento comune che equipara tutti i procedimenti di questo tipo è il trauma che entrambi i coniugi, seppur in maniera differente, provano per questo radicale cambiamento di vita che va aldilà del processo, perché ferisce l’animo umano e li trasforma in persone diverse da com’erano quando si sentivano legati, forse anche protetti, dal legame matrimoniale.

È lì che la donna deve essere più forte a combattere, usando le sue “armi” oltre che per difendersi, anche per aiutare il proprio legale a trovare per lei la più giusta e serena soluzione del caso, più confacente alla sua indole, in ossequio a tutte le sue esigenze, oltre che per riscattare eventuali offese morali da lei subite …. anche in silenzio. 

                                                   Avv. Cristiana Palumbo 

   Avvocato matrimonialista 

 avv.cristiana.palumbo@gmail.com 

ANATOMIA DELLA VULVA E DEL PAVIMENTO PELVICO

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Viene denominata vulva la parte esterna dei genitali femminili.

La vulva è il centro della risposta sessuale femminile. I limiti vanno anteriormente dal monte di Venere e posteriormente all’ano. Il confine laterale giace nelle pieghe genito-crurali (inguine).

La vulva include:

  • il monte di venere o monte del pube, 
  • le grandi labbra, 
  • le piccole labbra, 
  • il prepuzio o cappuccio clitorideo, 
  • il clitoride,
  • il vestibolo vulvare.
  • il meato uretrale esterno
  • Il monte di Venere è costituito da un cuscinetto di grasso nella parte anteriore della vulva, ricoperto da cute e peli pubici.

Forse non tutti sanno che la rimozione totale dei peli pubici, attualmente di moda fra le donne, provoca una evidente alterazione della temperatura, dell’umidità e della protezione della zona vulvare. 

  • Le grandi labbra sono 2 pliche cutanee simmetriche che anteriormente si inseriscono sul monte di Venere e posteriormente scendono verso l'ano fondendosi nella commissura posteriore.
  • Le piccole labbra sono due pliche cutanee comprese all’interno delle grandi labbra, si fondono anteriormente a formare il cappuccio clitorideo, scendono lateralmente a circondare l'apertura vaginale e si fondono posteriormente al vestibolo a formare la forchetta posteriore. Sulle piccole labbra la pelle si assottiglia e diviene delicata.
  • Il clitoride è localizzato in alto alla fusione delle piccole labbra, sotto il cappuccio clitorideo. E' organo ricco di vasi e nervi, costituito dall’unione di due corpi cavernosi cilindrici formati da tessuto erettile (come i corpi cavernosi del pene maschile), che si riempie di sangue, si gonfia e si dilata durante la stimolazione sessuale.
  • Il meato uretrale esterno è l'apertura esterna dell' uretra. È il punto in cui l'urina sbocca all'esterno,  si trova al di sotto del clitoride ed è delimitato lateralmente dall'area vestibolare.

La regione vestibolare

È un’area triangolare con apice anteriore e base posteriore,
compresa tra il clitoride e la regione della forchetta posteriore.

Viene delimitato dalla linea di Hart, che demarca la giunzione fra l’epitelio non cheratinizzato del vestibolo e quello cheratinizzato della faccia interna delle piccole labbra. Al di sotto della mucosa è presente una ricca ramificazione di terminazioni libere del nervo pudendo, maggiore rispetto a quella presente nella vagina, che trasmette stimoli tattili e dolorifici.

Questa zona riveste un importante ruolo anatomo-funzionale
durante i rapporti sessuali per due motivi:

  • Subisce una forte trazione durante la penetrazione, soprattutto
    nella zona infero-posteriore della forchetta.
  • È responsabile della lubrificazione in quanto in questa regione si
    ritrovano gli sbocchi delle ghiandole di Bartolini e delle ghiandole
    vestibolari minori, che secernono muco lubrificante, le quali sono
    regolate nella loro funzione secretoria dalle terminazioni nervose
    vestibolari

L'INNERVAZIONE DELLA VULVA

La vulva è innervata da rami labiali anteriori del nervo ilioinguinale, dal nervo genitofemorale e da rami del nervo pudendo.


In vicinanza della tuberosità ischiatica, il nervo pudendo si divide in tre branche: il nervo dorsale del clitoride, il nervo perineale (che innerva le grandi labbra e il perineo), il nervo rettale inferiore (che innerva l’area perineale). Il nervo pudendo innerva anche lo sfintere anale esterno e i muscoli profondi del triangolo urogenitale.

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LA MUSCOLATURA DEL PAVIMENTO PELVICO

I muscoli del pavimento pelvico sono divisi in 3 strati.

  1. I muscoli superficiali del pavimento pelvico (bulbocavernoso, ischiocavernoso e superficiale trasverso del perineo) che costituiscono nel loro insieme il DIAFRAMMA UROGENITALE. Il diaframma urogenitale esplica la sua attività nella funzione sessuale, aumentando l’ingorgo del clitoride, chiudendo la vagina come risposta riflessa per aumentare il piacere sessuale,  facilitando la chiusura dell’uretra e dell’ano per la continenza.
  2. Lo strato medio che comprende il muscolo perineale trasverso profondo e lo sfintere uretrale.
  3. I muscoli profondi del pavimento pelvico includono l’elevatore dell’ano (pubococcigeo, ileococcigeo e puborettale) e il muscolo coccigeo.

Il corpo perineale è il grosso nucleo tendineo centrale a cui si attaccano i tre strati muscolari del pavimento pelvico.

La funzione neurovascolare della muscolatura del pavimento pelvico è provvista dalla arteria e vena pudenda e dal nervo pudendo, che passano attraverso il canale di Alcock. I muscoli profondi del pavimento pelvico sostegno i visceri e gli organi addominali, danno stabilità alla pelvi e alla colonna vertebrale, aiutano la respirazione, regolano la chiusura degli sfinteri per la funzione urinaria e intestinale, intervengono nella funzione sessuale.

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VULVODINIA: LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA

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L’attuale definizinone di VULVODINIA secondo la Società Internazionale per lo Studio delle Malattie Vulvo-Vaginali è: 

fastidio vulvare che dura da almeno 3 mesi, che non ha una chiara causa identificabile e che può avere potenziali fattori associati.

La diagnosi viene fatta per esclusione (ovvero per l’assenza di altre patologie dimostrabili) poiché la vulvodinia è una malattia da dolore "sine causa".

CHE DIMENSIONE HA IL PROBLEMA?

Fino a circa 40 anni fa non esistevano pubblicazioni in merito. Nel 1978, Dodson e Friedrich descrissero questa condizione in cui le donne riferivano dolore vulvare e dispareunia, in cui non si osservavano evidenti reperti clinici, interpretandola come dolore psicogeno e chiamandola vulvovaginite psicosomatica.

La malattia può presentarsi in donne di tutte le età, dall’infanzia alla senescenza, anche se la fascia di età più colpita è tra i 20 e i 50 anni.

Uno studio effettuato da Landry nel 2009 ha evidenziato che questa malattia viene diagnosticata prevalentemente nelle giovani donne, con un iniziale comparsa dei sintomi fra i 18 e 25 anni.

Nonostante si tratti di una condizione clinica poco conosciuta, non è una malattia rara: uno studio epidemiologico condotto negli Stati Uniti nel 2012, rilevava una prevalenza della malattia del 16% nelle donne dai 18 ai 64 anni (1 donna su 7). In Spagna, uno studio pubblicato nel 2019 ha dimostrato che la prevalenza nel corso della vita raggiunge il 13% di tutte le donne. Nel 2012 Il National Istitute of Health ha evidenziato che il 60% delle pazienti con sintomi da vulvodinia aveva consultato almeno 3 medici e il 40% rimaneva ugualmente senza diagnosi anche dopo 3 consulti. Solo 1.4 % delle donne che si rivolgevano al medico avevano una diagnosi precisa.

Questi dati sull’incidenza della malattia molto probabilmente sono sottostimati in quanto, nonostante si tratti di una problematica molto diffusa, spesso non è diagnosticata, quindi non emerge e non viene curata per molti anni.
Negli ultimi anni però si è osservato un aumento esponenziale degli studi scientifici pubblicati sulla vulvodinia, sia per la maggiore consapevolezza da parte delle donne che per un'aumentata attenzione e capacità diagnostica da parte dei medici.

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QUALITA' DI VITA

Il grafico descrive le esperienze comunemente vissute dalle donne con vulvodinia e le loro correlazioni. Sicuramente vivere con la vulvodinia limita molte attività della vita quotidiana come stare seduti a lungo, avere rapporti sessuali e fare esercizio fisico. (Donaldson 2010). Nei casi più severi può equivalere ad avere una disabilità fisica che impedisce di continuare a lavorare. Alcuni studi hanno sottolineato che il livello di qualità di vita di donne con vulvodinia è inferiore a quella dei trapiantati renali e di pazienti con multiple fratture da osteoporosi. (Xie  2012). L’isolamento sociale è frequente e solo 1 donna su 4 dichiara di poter parlare liberamente con altre donne dei propri problemi vulvari.

Patient Booklets available at www.nva.org/shg

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PISOLINO POMERIDIANO E… IPERTENSIONE SANGUIGNA!

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Ipertensione sanguignaIl pisolino pomeridiano e’ associato alla diminuzione della pressione sanguigna e alla riduzione delle medicine antiipertensive!

Questi sono i risultati di uno studio presentato all'ultimo Meeting annuale della European Society of Cardiology effettuato su 386 pazienti di età media affetti da ipertensione.

I risultati mostrano che le persone che fanno regolarmente il pisolino Ipertensione sanguigna e ppisolino pomeridianopomeridiano hanno una diminuzione media del 5% della pressione sistolica sanguigna nelle 24 ore rispetto ai soggetti che non dormono il pomeriggio. I livelli di velocità dell’onda pulsatile sono più bassi dell’11% e il diametro dell’atrio sinistro più piccolo del 5%.

Inoltre le persone che fanno regolarmente il pisolino pomeridiano usano una minore quantità di farmaci.