LA VULVODINIA: UN INSOPPORTABILE DOLORE INTIMO FEMMINILE

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SE AVVERTI:

  • - bruciore vulvare (come di una sigaretta o di un acido corrosivo sulla vulva) che può arrivare all’ano o al clitoride e all'uretra,
  • - sensazione di calore anomalo
  • - irritazione, come se ci fosse una abrasione, sino ad arrivare alla presenza di microtagli o tagli veri e propri (soprattutto alla forchetta posteriore dopo i rapporti),
  • - sensazione di spilli che entrano nella mucosa,
  • - scariche elettriche o spasmi in vagina,
  • - sensazione di livido e indolenzimento
  • - bruciore uretrale,
  • - bruciori vulvari che vanno e vengono,
  • - fastidio o sensazioni anomale del clitoride
  • - impossibilità di avere i rapporti per il dolore alla penetrazione, all'ingresso della vagina in basso (forchetta), 
  • - sensazione di estrema secchezza, prurito, gonfiore o fastidio generalizzati,
  • - continua sensazione di irritazione in un punto della vulva, ma all'osservazione non si evidenzia mai nulla
  • - dolore che aumenta stando seduta, magari stando in macchina o davanti al computer a lungo

POTRESTI AVERE UNA VULVODINIA! 

(i sintomi su riportati sono stati estratti dall'anamnesi di migliaia di pazienti che presentano vulvodinia)

VEDI ANCHE VULVODINIA: LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA

La Vulvodinia  (o meglio la sindrome del dolore vulvare) è:

- un fastidio vulvare cronico,

- spesso descritto come bruciore,

- che si verifica in assenza di alterazioni clinicamente visibili e/o in assenza di uno specifico disordine neurologico,

- della durata superiore a 3 mesi,

- che può essere associato a fattori potenziali di sviluppo dei sintomi,

Può comparire spontaneamente o  provocato da stimoli leggeri e apparentemente innocui, che non giustificano il fastidio percepito dalla donna!

Sino a pochi anni fa la maggior parte dei medici ritenevano che la vulvodinia non fosse una malattia reale, ma un’alterazione di natura psicosomatica, correlata solo a stati di ansia e stress! Per questo motivo le pazienti si sentivano sminuite e incomprese ed erano riluttanti a parlare dei propri sintomi che venivano considerati solo frutto di fantasia. Ancora oggi non viene diagnosticata in molte donne se non molto tardivamente…


I TERRIBILI SINTOMI DELLA VULVODINIA

Nella Vulvodinia i sintomi (dolore, bruciore cronico, sensazione di spilli, scariche elettriche, dolore puntorio, indolenzimento come un livido ecc.) durano da più di tre mesi,  possono comparire spontaneamente senza nessuna causa apparente, oppure al minimo sfioramento, inserendo un tampone vaginale, facendo jogging, andando in bicicletta o semplicemente camminando. La biancheria intima sembra una tortura e la paziente non vede l'ora di tornare a casa per togliersi tutto. A volte la donna non riesce neanche a stare seduta e ha sollievo solo stando distesa a letto, al caldo, a gambe divaricate e senza indumenti. Molto spesso questi sintomi simulano una infezione da candida, ma anche dopo ripetute e lunghe terapie antimicotiche i disturbi non scompaiono.

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I fastidi possono essere altalenanti nella settimana, andare e venire senza motivo, prima durante o dopo la mestruazione, con il freddo, l’umido e in periodi di maggiore stress psicologico, addirittura variare durante la giornata tendendo a peggiorare la sera.

il prurito non e’ un sintomo della vulvodinia

Ma la notte...quasi magicamente...i sintomi si acquietano!

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Il rapporto sessuale è dolorosissimo per la donna affetta da vulvodinia!

La paziente ha la sensazione che la vagina si troppo stretta per il rapporto, che ci sia un blocco, uno scalino doloroso da superare. A volte, dopo una difficoltosa penetrazione, il rapporto può essere portato a termine, ma il risultato è spesso la comparsa di abrasioni e tagli sulla zona vulvare che durano giorni e giorni. Frequentemente, dopo i rapporti, compare gonfiore, disuria (difficoltà a urinare) e bruciore urinario senza l’evidenza clinica e microbiologica di una cistite batterica.

Nella dispareunia superficiale da vulvodinia, la particolare intensità dei sintomi, il coinvolgimento della vita affettiva e sessuale, l’alterazione globale della qualità della vita possono condurre la donna con vulvodinia a forti stati di ansia e depressione.

vedi anche: come capisco se ho la vulvodinia?

LA VULVA

La vulva è la parte esterna dell’organo genitale femminile. E' il centro della risposta sessuale femminile. E’ composta da più parti che comprendono:

  1. il monte di Venere,
  2. le grandi labbra,
  3. le piccole labbra,
  4. il clitoride,
  5. il vestibolo,
  6. il meato uretrale esterno
  7. l’introito (ingresso) vaginale.

VEDI ANCHE ANATOMIA E INNERVAZIONE DELLA VULVA E DEL PAVIMENTO PELVICO

COME SI MANIFESTANO I SINTOMI DELLA VULVODINIA

In base alla zona in cui vengono avvertiti i sintomi la vulvodinia può essere definita come localizzata o generalizzata.

Vulvodinia localizzata

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E' la forma più frequente e tipica delle donne più giovani. Prende il nome dalla zona in cui è presente il dolore (vestibolodinia, clitoridodinia ecc.). Il dolore vulvare è localizzato nella maggior parte dei casi nel vestibolo (vestibolodinia) cioè la zona che circonda l’apertura della vagina e va dall'imene alle piccole labbra (entro la linea di Hart), che può essere sede di eritema di vario grado. Il fastidio è rappresentato spesso da una sensazione di bruciore e compare dopo uno sfregamento o una pressione, come durante il rapporto sessuale. Anche in questa forma il dolore può essere costante o saltuario, scatenato da un leggero stimolo o più raramente spontaneo.

Vulvodinia generalizzata.

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In questi casi i sintomi sono presenti in tutta la vulva (possono essere localizzati in qualsiasi area innervata dal nervo pudendo). Il dolore vulvare può essere costante o saltuario, spontaneo o scatenato da un leggero stimolo come uno sfioramento o una pressione. A volte il bruciore vulvare interessa la cute perineale e si accompagna a disturbi rettali, uretrali e spasmo dei muscoli del pavimento pelvico. Spesso non sono presenti segni di eritema (arrossamento). E' più frequente in perimenopausa e rappresenta circa il 20% di tutte le vulvodinie. Può essere provocata ma più frequentemente è spontanea.

La vulvodinia può essere primaria...

i sintomi si manifestano fin dai primi episodi di penetrazione
vaginale
(in concomitanza con l’inizio dell'attività sessuale o con l’utilizzo di assorbenti interni).

oppure può essere secondaria...

i sintomi si presentano successivamente ad un evento (la paziente ricorda un periodo della sua vita senza vulvodinia). La donna può iniziare a provare disagio o modesto dolore all’introito vaginale solo ad un certo punto della sua vita, in occasione di visite ginecologiche, o di rapporti sessuali più intensi, o in periodi di forte stress; successivamente nel tempo può sviluppare episodi di bruciore vestibolare non provocato, fino ad arrivare eventualmente ad una condizione di vulvodinia generalizzata, spontanea, quotidiana.

vedi anche classificazione della vulvodinia

I FATTORI POTENZIALI ASSOCIATI ALLA VULVODINIA

La Vulvodinia è una sindrome dolorosa complessa, che si manifesta con sintomi molto vari e i medici ancora non hanno la certezza di quali siano le cause esatte.

La ricerca ha mostrato che alcuni fattori possono potenzialmente essere associati allo sviluppo e al mantenimento di questa condizione clinica. Per tale motivo la vulvodinia è inquadrata come una malattia multifattoriale. Le evidenze accumulate finora rendono verosimile l’ipotesi che si instauri una cascata di eventi che portano al manifestarsi della patologia.

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DAL SINTOMO ALLA MALATTIA: IL DOLORE

Il dolore è un fenomeno fisiologico con una funzione protettiva e positiva quando è espressione di una corretta risposta adattativa del sistema nervoso che evita o limita un danno tessutale (metto un dito sul fuoco, sento dolore, quindi allontano il dito dal fuoco!). Questo è il dolore nocicettivo, che è causato dall'attivazione dei nocicettori diffusi nel corpo, (recettori termici, di pressione, chimici) i quali rilevano stimoli nocivi che hanno il potenziale di causare danno ai tessuti. 

Il dolore è un fenomeno patologico e dannoso quando è espressione di un’alterata risposta adattativa del sistema nervoso, in assenza di un reale problema tissutale scatenante. Questo è il dolore neuropatico, che è causato da un danno dei neuroni del sistema nervoso coinvolti nella percezione del dolore , senza la presenza effettiva di un danno tessutale. Provoca l'anormale percezione di stimoli che non sarebbero dolorosi ma che vengono "avvertiti" come dolorosi. Il dolore neuropatico è persistente ed è esso stesso una malattia.

Il dolore neuropatico caratteristico della vulvodinia è il risultato finale di una sommatoria di fattori sequenziali che, alterando le terminazioni nervose vulvari, provocano una modificazione della percezione normale trasformandola in dolorosa.

Il dolore neuropatico nell'ipersensibilità vulvare viene descritto come:
Iperalgesia in cui lievi stimoli dolorosi vengono percepiti come dolore di forte intensità
Allodinia in cui stimoli normalmente non in grado di provocare sensazioni dolorose vengono percepiti come dolorosi (ad esempio stimoli tattili).

Recentemente l' Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) ha coniato per questo tipo di affezioni il termine di "dolore
nociplastico",
definito come «un dolore con alterata nocicezione senza chiara evidenza di danno tissutale o malattia del sistema nervoso
somatosensoriale». Questa definizione enfatizza l'importanza della sensibilizzazione del sistema nervoso centrale che risponde al dolore cronico aumentandone la percezione.

IL DOLORE NELLA VULVODINIA

Le condizioni cliniche caratterizzate da dolore vulvare vengono distinte clinicamente in due gruppi principali:

  • - il dolore vulvare che compare senza alcuna causa clinica identificabile, che può essere definito VULVODINIA
  • - Il dolore vulvare causato da un disordine specifico, che non rientra in una diagnosi di vulvodinia in quanto ne sono individuabili le cause organiche specifiche.
    • - infettive (vulvovaginiti batteriche, micotiche, herpes..)  
    • - infiammatorie (dermatosi come lichen..)  
    • - neoplastiche
    • - neurologiche (nevralgia posterpetica, compressioni o lesioni del nervo..)
    • - iatrogene (interventi chirurgici..)
    • - da deficit ormonali (la menopausa..)

L'INFIAMMAZIONE NELLA GENESI DELLA VULVODINIA

La vulvodinia è una patologia complessa, in grado di compromettere seriamente la qualità della vita della donna, la cui eziologia, ovvero le cui cause, non sono ancora completamente chiarite,

Numerosi studi indicano come l’infiammazione sia l’elemento principale per l’insorgenza del dolore neuropatico della vulvodinia. Una condizione di infiammazione cronica sarebbe in grado creare un danno delle fibre nervose vulvari innescando il dolore neuropatico che porterebbe a una alterata percezione degli stimoli e al perpetuarsi della sintomatologia dolorosa anche quando la causa originaria non agisce più.

L'infiammazione ripetuta e persistente può essere causata da condizioni varie, ad esempio rapporti sessuali dolorosi che provocano microtraumi del vestibolo, cistiti recidivanti, vaginiti recidivanti soprattutto da candida, ipertono del pavimento pelvico, irritazioni meccaniche come sfregamenti, microtraumi ripetuti da attività sportiva troppo intensa tipo spinning step e bicicletta, trattamenti terapeutici invasivi, stipsi cronica, emorroidi e ragadi anali, interventi ginecologici come episiotomia, irritazioni da sostanze chimiche.

l'infiammazione ha come agente principale la cellula immunitaria chiamata mastocita. I mastociti producono in grande quantità sostanze infiammatorie e sostanze neurotrofiche, molecole che inducono la crescita delle fibre nervose periferiche.

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Secondo la teoria patogenetica più recente della vulvodinia, l'eccessiva attivazione dei mastociti causato dall'infiammazione cronica provocherebbe un alterato accrescimento delle piccole fibre nervose periferiche del nervo pudendo, rendendo queste fibre più dense, più superficiali e ipersensibili. Questo sarebbe il meccanismo responsabile dell'iperalgesia e dell'allodinia che la paziente avverte a livello vulvare. L'iperattivazione dei mastociti a sua volta incrementerebbe il  processo infiammatorio in un circolo vizioso senza via di uscita. L'infiammazione nel tempo si svincolerebbe dalla causa che l’ha generata continuando ad agire anche ormai in assenza della patologia iniziale.

IL RUOLO DEL PAVIMENTO PELVICO NELLA VULVODINIA

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Le evidenze scientifiche concordano nel descrivere la vulvodinia come una sindrome le cui principali caratteristiche sono: ipersensibilità vulvare e disfunzione ipertonica del pavimento pelvico.

Le ricerche riportano la presenza di un'aumentata attività del pavimento pelvico nell'80% - 90% delle pazienti con vulvodinia. Viene definito ipertono o iperattività del pavimento pelvico l'aumentata attività del muscolo elevatore dell’ano (il piano muscolare  che sorregge e circonda su 3 lati la vagina, la vulva e il retto),
L'iperattività muscolare è infatti correlata all’intensità della sintomatologia della vulvodinia.
Studi elettromiografici condotti sul pavimento pelvico di pazienti con vulvodinia evidenziano vari tipi di disfunzioni muscolari, principalmente l' ipertono del pavimento pelvico, secondariamente la diminuita capacità contrattile e lo scarso controllo volontario della muscolatura. E' da sottolineare che nella maggior parte dei casi le pazienti non sono consapevoli della propria disfunzione muscolare.

I sintomi minzionali che si manifestano nella vulvodinia quali la difficoltà a iniziare la minzione, la difficoltà a svuotare completamente la vescica, l'urgenza e la frequenza continue, sarebbero causati dall'ipertono del pavimento pelvico.

È ancora oggetto di discussione se la disfunzione muscolare possa essere un fattore predisponente, preesistente alla comparsa del dolore vulvare, o un fattore secondario, successivo allo stato infiammatorio cronico e conseguente al dolore da vulvodinia.

L’ipertono del pavimento pelvico infatti può agire come fattore di predisposizione in due modi:

  • - lo stato cronico di contrattura, attraverso una vasocostrizione prolungata, determina una riduzione del flusso di sangue/ossigeno e nutrienti a livello dei tessuti con conseguente ischemia, liberazione di sostanze pro infiammatorie che causano iperproliferazione delle fibre nervose locali, sintomi dolorosi e comparsa di trigger points dolorosi.
  • - la contrattura, provocando il restringimento dell’introito vaginale, lo sottopone a maggiore trazione durante i rapporti causando frequenti microtraumatismi e conseguenti infiammazioni

Ma l’ipertono del pavimento pelvico potrebbe anche essere una conseguenza del dolore vulvare a causa della contrazione muscolare che la donna metterebbe in atto come reazione di difesa al dolore.

LA DIAGNOSI

La visita ginecologica deve essere mirata a far emergere le alterazioni specifiche presenti nella vulvodinia:

  • - una raccolta completa dell’anamnesi che comprenda tutta la storia clinica della paziente,
  • - un esame obiettivo con la mappatura delle zone dolorose che escluda lesioni presenti riferibili ad altre patologie o infezioni,
  • - un esame della muscolatura del pavimento pelvico con la valutazione delle alterazioni della funzionalità, alterazioni della coordinazione con altri gruppi muscolari, e presenza di trigger/tender points.
  • - lo swab test (test dell’ipersensibilità alla pressione effettuata con l’apice di un cotton fioc - test di Friederich).

Nel sospetto di vulvodinia è importante escludere la presenza di infezioni vulvovaginali clinicamente significative, cistiti e vaginiti, dermatiti e dermatosi, patologie neoplastiche e altre patologie neurologiche.

SWAB TEST

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test del cotton fiock per valutare il dolore vulvare

Si effettua toccando delicatamente alcuni specifici punti della zona vestibolare con la punta di un cotton fiock (Test di Friedrich). Questi contatti provocano una sensazione di dolore o bruciore vulvare esagerati in presenza di una mucosa rosea e senza lesioni. Questo test è importante anche per la valutazione del dolore nel tempo, in controlli successivi. 

vedi anche il questionario di valutazione della vulvodinia

PERCHE' E’ IMPORTANTE FARE LA DIAGNOSI IL PRIMA POSSIBILE?

Non potete immaginare quante donne abbiano sintomi da vulvodinia senza saperne il perchè! E nessuno ha spiegato loro il motivo di tutti i disturbi che avvertono...spesso la ricerca delle cause procede a tentoni, senza una direzione logica, provando farmaci in modo fortuito nel sempre maggiore scoraggiamento della paziente

La ricerca ci dice che la vulvodinia colpisce fino al 16% delle donne, anche se la percentuale potrebbe essere sottostimata. Gli studi scientifici affermano che l’età di insorgenza è giovanile, usualmente nella terza e quarta decade della vita.

In realtà ho potuto effettuare la diagnosi di vulvodinia in donne che avevano dai 12 ai 80 anni! Con i sintomi più vari e insidiosi che può interpretare solo chi conosce bene questa patologia.

IMPORTANTE E' LA TEMPESTIVITA'  DELLA  DIAGNO, PERCHE' CON IL TRASCORRERE DEL TEMPO E' PIU' DIFFICILE E PIU' LUNGO IL PERCORSO PER CANCELLARE LA MEMORIA DEL DOLORE

GUARIRO’ MAI?

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Si, guarire è possibile. Ci vuole molta forza, costanza, determinazione e….. un buon medico!

La terapia è multimodale, poichè deve correggere tutti i meccanismi patogenetici coinvolti che hanno scatenato i sintomi.  Non esiste quindi un protocollo standard  per curare la vulvodinia, è un percorso terapeutico non breve e le cure vanno personalizzate e verificate con un feedback continuo tra medico e paziente.

La terapia mira a ridurre l’iperattività del mastocita, a modulare l'eccessiva risposta al dolore, a rilassare i muscoli del pavimento pelvico, a curare le disfunzioni psicologiche della sindrome dolorosa, a rimuovere le patologie che possano avere innescato il meccanismo infiammatorio iniziale e a riportare la paziente a una condizione fisica, emotiva e psicologica di benessere.

I presidi terapeutici più importanti sono:

Eliminare ogni fattore potenzialmente irritante che possa causare bruciore vulvare (prevenire vaginiti e cistiti, evitare step, spinning, bicicletta, interrompere momentaneamente i rapporti ecc.)

Consigliare adeguate norme igienico-comportamentali (evitare pantaloni stretti, biancheria sintetica, perizoma ecc.). Può essere consigliata una biancheria in maglina di seta naturale medicata che ha una azione antiinfiammatoria e antimicotica/antibatterica.

Usare sempre un lubrificante durante i rapporti

Usare farmaci che riducano l'iperattività del mastocita (Palmitoiletanolamide,  acido alfa-Lipoico, acidi omega3, antiinfiammatori naturali, gel antiinfiammatori locali)

Utilizzare farmaci che desensibilizzino le vie nervose del dolore:

  • Antidepressivi Triciclici (es.amitriptilina)
  • Anticonvulsivanti (es.gabapentina)
  • Antidepressivi SSNRI (es. duloxetina, venflaxina)
  • Cannabidiolo

Farmaci miorilassanti antispastici ad azione centrale (es. Baclofene)

Rieducazione perineale: cognitivizzazione del pavimento pelvico, terapia manuale e mobilizzazione dei tessuti con tecniche di stretching, trattamento dei trigger points dolorosi sec. il protocollo di Standford, respirazione diaframmatica, eliminazione di contrazioni agoniste e antagoniste, automatizzazione della corretta attività muscolare perineale,

BIOFEEDBACK

TECAR TERAPIA del pavimento pelvico

ELETTROSTIMOLAZIONE ANTALGICA (TENS)

RADIOFREQUENZA

TTNS (Stimolazione transcutanea del nervo tibiale posteriore)

Infiltrazioni sottomucose vestibolari di cortisonici+anestetici locali

Tecniche di blocco del Nervo Pudendo 

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale con EMDR 

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NATIONAL VULVODYNIA ASSOTIATION https://www.nva.org/

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UNA MALATTIA CHIAMATA DOLORE PELVICO CRONICO

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dolore pelvicoCi sono donne che hanno dei fastidi della zona pelvica veramente insopportabili!  …Sono dei dolori viscerali, dei bruciori vulvari che si irradiano alla vescica,  che non permettono di stare seduti tranquillamente perchè il peso sul perineo provoca uno spasmo, avere un rapporto neanche a pensarci, solo l'idea del dolore vulvare fa raggomitolare le gambe in un atteggiamento di protezione..... che possono coinvolgere tanti organi con un effetto di sommazione, la vescica, l’uretra, la vagina, la vulva, l’ano, il retto, il perineo ecc.. Partono da un singolo punto ma si diffondono, si allargano, vanno e vengono a ondate….E questi dolori fanno stare veramente male, danno un malessere, in un modo speciale, un male che ti prende il cervello e che senti che non ti dà scampo…che ti leva l’equilibrio della vita. Si vive nell’attesa timorosa della ricomparsa del dolore… basta, lasciami in pace!...Ma cosa sta succedendo?

Ma come si fa a trovare un'unica causa a sintomi che possono essere così diversi, che originano da organo ma si manifestano in un punto lontano?

E’ DIFFICILE FARSI CAPIRE DAGLI ALTRI SE NON È CHIARO NEANCHE A ME COSA MI STA CAPITANDO!cause dolore pelvico

Infatti è proprio l’assenza di una riconoscibile alterazione che rende questa “malattia” così difficile da capire, da classificare, da diagnosticare! La tentazione più frequente è di cercare di dare frettolosamente un nome a questo dolore, sotto le voci più comuni e rassicuranti, malattie comprensibili e curabili tipo cistite, vaginite, strappi muscolari, colite e pertanto imbottirsi di antibiotici, antimicotici, antispastici o antidolorifici!

Perché viene questo dolore? COSA E’ QUESTO DOLORE? Le visite specialistiche generalmente non mettono in evidenza condizioni patologiche chiare. E non c’è niente di peggio di un nemico a cui non sai dare un nome, che non sai quando e come ti attaccherà, che non sai come descrivere. Guardare gli occhi increduli del medico che ti ascolta, e che non trova nulla di alterato nel tuo corpo! Non ci sono rossori, né tagli, né ragadi, nè perdite, né infezioni, né tumori, né, né…..

diagnosi dolore pelvicoEcco, è il né, né, che deve insospettirci!!

E’ proprio l’assenza di evidenti cause che deve spingerci a sospettare la causa primaria di tutto ciò! E infatti il primo passo verso la diagnosi si fa cominciando a capire che dietro questa sfaccettata e variegata serie di sintomi spesso c’è un unico movente….

IL DOLORE PELVICO CRONICO

QUALI SONO I SINTOMI PIÙ TIPICI DEL DOLORE PELVICO CRONICO?

COS’E’ IL DOLORE PELVICO CRONICO?

Il DOLORE PELVICO CRONICO (DPC) è un fastidio cronico o persistente, percepito nell’area pelvica, che dura da più di 6 mesi. E’ una condizione di difficile inquadramento e poco compresa, in cui spesso non è possibile identificare alcuna patologia pelvica organica. I sintomi possono essere vescicali, uretrali, sessuali, intestinali, ginecologici e del pavimento pelvico; possono essere sia spontanei che provocati, spesso sono rappresentati da una ipersensibilità accentuata; l’intensità e la diffusione dei disturbi possono modificarsi nel tempo.

L’ipotesi attualmente più accreditata è che il DPC sia dovuto alla concomitanza di più situazioni algogene pelviche, viscerali, muscoloscheletriche e neuropatiche.  La sua prevalenza nella popolazione femminile adulta è del 17%. Sebbene sia più frequente nel periodo della fertilità, l’intensità del dolore pelvico cronico aumenta drammaticamente in menopausa.

QUALI POSSONO ESSERE LE CAUSE DI DOLORE PELVICO CRONICO?

Le cause scatenanti il dolore pelvico cronico nella donna possono essere veramente molteplici: endometriosi, infezioni pelviche, tumori maligni, interventi per il prolasso e l'incontinenza, interventi per riparare i danni da parto ecc.; ma almeno il 30% dei casi di dolore pelvico cronico rimane senza causa apparente!

IL MECCANISMO DEL DOLORE PELVICO

Perchè dolore pelvico

Il dolore fisiologico (nocicettivo) nasce, nella maggior parte dei casi, dalla stimolazione delle terminazioni nervose sensoriali presenti negli organi viscerali, attivate dallo stimolo doloroso. Con una descrizione molto sintetica diciamo che, seguendo le fibre sensitive del nervo periferico mediante ulteriori fasci nervosi ascendenti, lo stimolo arriva sino alla corteccia cerebrale e il dolore viene percepito dall’individuo.

Il dolore acuto nocicettivo è pertanto una esperienza utile e protettiva, finalizzata ad allertare il corpo sulla presenza di stimoli pericolosi o potenzialmente tali, presenti nell’ambiente o nell’organismo stesso.

Sin qui è tutto normale.

QUANDO IL DOLORE PELVICO DIVENTA CRONICO...

Tuttavia, quando la causa stimolante il dolore e l’infiammazione tissutale persistono a lungo, può avvenire il passaggio da dolore acuto fisiologico a dolore cronico. Il dolore cronico non rappresenta la sola estensione temporale del dolore acuto ma va considerata una risposta da mal adattamento al dolore. IL DOLORE DIVENTA ESSO STESSO UNA MALATTIA!

L'IPOTESI DELL'IPERATTIVAZIONE MASTOCITARIA

COME ACCADE TUTTO CIO'? 

Recenti studi hanno documentato che la stimolazione dei nocicettori è provocata dall'infiammazione locale dei tessuti legata all’attivazione di alcune cellule dette mastociti, principali mediatrici del processo infiammatorio.

IPERATTIVAZIONE MASTOCITARIA e dolore pelvicoA livello pelvico, i mastociti possono essere resi operanti da una ampia serie di cause come infezioni ripetute (Candida, Escherichia Coli, Chlamydia, Ureaplasma ecc.), traumi fisici o chimici (laser, bruciature), traumi derivanti dal rapporto sessuale (micro abrasioni), dal parto (episiotomia), attività sportiva troppo intensa, contratture croniche dei muscoli pelvici da stress, stipsi cronica, emorroidi e ragadi anali, ecc.. 

L’attivazione dei mastociti determina la liberazione di sostanze mediatrici dell’infiammazione (istamina, bradichinina, fattori vasoattivi) che causano il bruciore, il dolore, il calore, l’edema e la lesione funzionale del tessuto coinvolto.  Inoltre sono in grado di aumentare l'eccitabilità delle fibre nervose sensoriali e di amplificare i meccanismi del dolore. In particolare, la liberazione del Nerve Growth Factor (NGF), stimola la crescita delle fibre nervose che dalla periferia arrivano al midollo spinale. Nel dolore pelvico cronico si osserva una iperattivazione mastocitaria e una concentrazione di NGF altissime, fino a 50 volte i cos'è l'iperattivazione mastocitaria valori normali. La grande concentrazione del NGF da una parte provoca un’esagerata crescita, superficializzazione e arborizzazione delle terminazioni sensitive del nervo pudendo, responsabile di gran parte della innervazione della zona pelvica, aumentandone le connessioni con le vie nervose ascendenti. Dall’altra stimola la ulteriore degranulazione dei mastociti con ulteriore aumento del NGF, in un circolo vizioso autoperpetuantesi. La conseguenza è che dal neurone si genera un segnale nervoso molto più potente e persistente.

Il dolore muta da nocicettivo a dolore neuropatico!

L’eccessivo incremento e aumento delle terminazioni nervose e delle vie ascendenti conduce ad un aumento della percezione dolorosa, alla iperalgesia diffusa e all’ampliamento delle aree di dolore spontaneo tipiche del dolore neuropatico (sensibilizzazione periferica). La soglia del dolore si abbassa per cui si avverte dolore anche in caso di stimolazioni normalmente non dolorose (allodinia).

sensibilizzazione centrale e dolore pelvicoA tutto ciò si aggiunge un meccanismo di sensibilizzazione centrale. L'incremento dei segnali del dolore e la persistenza del loro arrivo al cervello concorrono alla riduzione della soglia centrale del dolore, creando una via preferenziale in cui lo stimolo doloroso periferico si amplifica e tende a persistere anche quando lo stimolo primario che l’ha provocato scompare, divenendo indipendente e dando luogo alla cronicizzazione del dolore.

Il dolore neuropatico è pertanto un dolore patologico, attivato anche da stimoli dolorosi di lieve entità, senza più una funzione protettiva, generato senza che ci sia stata la necessaria stimolazione dei nocicettori periferici. Rappresenta quindi un’alterazione patologica dell’elaborazione del dolore, causata da un danno al sistema nervoso. 

L'IPOTESI DELL'IPERTONO DEI MUSCOLI DEL PAVIMENTO PELVICO

IPERTONO DEI MUSCOLI DEL PAVIMENTO PELVICOQuesta ipotesi suggerisce che i sintomi del dolore pelvico cronico nascano da un "mal di testa nella pelvi"! Cioè da un tensione muscolare cronica, che è il tipico fattore scatenante del classico mal di testa.

La maggior parte dei casi lo spasmo del pavimento pelvico inizia a causa della tendenza esagerata di alcuni soggetti a focalizzare nella zona pelvica una condizione di tensione. Questa tensione può essere mentale o fisica. Può essere dovuta all'impatto di un forte stress, oppure la concomitanza di più situazioni di stress minore. Una volta attivato lo stress, l'ansia e l'atteggiamento istintivo di iperprotezione dell'area pelvica alimentano il dolore e lo stato disfunzionale, in un circolo vizioso autoperpetuantesi.

I muscoli del pavimento pelvico sono strutture dinamiche, che passano dall'attivazione al rilassamento e viceversa durante tutto il giorno. Quando sono in fase di rilassamento le cellule muscolari si rigenerano, vengono ossigenate e nutrite in modo appropriato. I muscoli del pavimento pelvico non sono fatti per essere continuamente contratti.  Quando si instaura uno stato contrazione troppo protratta, tendono ad accorciarsi e indolenzirsi. Immaginiamo di tenere una mano chiusa a pugno per un'ora: diventerà di colore bluastro a causa dell'interruzione del flusso sanguigno e comincerà a indolenzirsi. Ora immaginiamo di tenerla contratta per una settimana, o per un mese costantemente, 24 ore al giorno, o per un anno. Quando alla fine apriremo il pugno, cosa succederà? Ci saranno fastidi, il dolore, spasmo, l'incapacità di muovere le dita. Sarà necessario sicuramente muoverle piano piano, massaggiare i muscoli, stirare ciascun dito recuperare la funzione e dare sollievo dal grande stato di contrazione precedente. Ma soprattutto sarà indispensabile non cominciare a contrarre i muscoli di nuovo per non reinnescare il meccanismo di sofferenza precedente. Similmente, lo stato di contrazione cronica del pavimento pelvico riduce il flusso sanguigno dell'area pelvica, instaura un ambiente inospitale e dannoso, crea delle zone di dolore localizzato nei muscoli perineali.  Si realizza una condizione di infiammazione cronica del nervo pudendo, dei i vasi e di tutte le strutture anatomiche che attraversano la pelvi. Lo spasmo cronico dei muscoli perineali gradualmente conduce alla cronicizzazione dei sintomi dolorosi pelvici. Il segno clinico più costante si osserva con la visita ginecologica, durante l'esplorazione vaginale e rettale, in cui la palpazione del diaframma pelvico evidenzia l'ipertono muscolare e genera un forte dolore in zone localizzate chiamate trigger points. 

IN CONCLUSIONE, IL DOLORE PELVICO CRONICO È CARATTERIZZATO DA UNA IPERPERCEZIONE DEL DOLORE, DA UN ATTEGGIAMENTO DI DIFESA CHE PROVOCA LO SPASMO DEI MUSCOLI PELVICI E DALL'ALTERAZIONE DELLA SOGLIA SISTEMICA DEL DOLORE.

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LE SINDROMI DEL DOLORE PELVICO CRONICO

LE SINDROMI DEL DOLORE PELVICO CRONICO (SDPC) sono costituite dalla combinazione dei vari sintomi associati al dolore pelvico cronico, che sono presenti quando non ci sono segni di infezioni o altre patologie locali che possano esserne la causa. 

Le più frequenti sono la sindrome della vescica dolorosa o cistite interstiziale, la sindrome dolorosa vulvare o vulvodinia, la sindrome dolorosa perineale.

la sindrome dolorosa vulvare o vulvodinia,Il termine “sindrome” indica già che, sebbene esista un meccanismo scatenante periferico, la neuromodulazione del sistema nervoso centrale può essere il fattore più importante.

La percezione del dolore nella SDPC può essere focalizzata su un singolo organo, su più organi o essere anche associata con sintomi sistemici, come la Sindrome da stanchezza cronica o la Fibromialgia. E’ spesso collegata a un vissuto cognitivo, comportamentale, sessuale ed emozionale alterati.

Le sindromi associate al dolore pelvico cronico presentano una elevata comorbilità. Il 40-60% delle donne con sindrome del colon irritabile manifestano anche sintomi di cistite interstiziale e il 26% delle donne con cistite interstiziale manifesta sintomi di vulvodinia.

Poichè l’incremento dei segnali del dolore e la persistenza del loro arrivo al cervello concorrono alla riduzione della soglia centrale del dolore, questo può spiegare la crescente centralità del dolore nella vita delle persone affette dal dolore pelvico cronico, l’instaurarsi di un circolo vizioso di depressione, ansia, paura del dolore, incapacità di affrontare i propri problemi quotidiani, alterazione della vita di relazione, rifiuto del rapporto sessuale per paura del dolore.

A questo punto il dolore è diventato una sindrome autonoma, con pesante impatto sulla vita di relazione e sugli aspetti psicologici e sociali  della vita della donna.

conseguenze dolore pelvico

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