La Dottoressa Pajoncini e’ specializzata in vulvodinia, vestibolodinia vulvare, dolore pelvico, candida, cistite. Vieni a curare la vulvodinia in studio a Roma.
La vulvodinia è una condizione complessa, spesso invisibile e difficile da diagnosticare, caratterizzata da dolore cronico vulvare senza evidenti cause identificabili. Per le pazienti questa esperienza può essere frustrante e debilitante, influenzando profondamente la qualità della vita.
Infatti la vulvodinia è una malattia difficile da affrontare, non solo per il dolore fisico che provoca ma anche per le emozioni che porta con sé. Molte donne che ne soffrono raccontano di sentirsi sole, non comprese o, peggio, svalutate quando cercano un aiuto. Ecco perché il rapporto con il medico diventa un elemento fondamentale per affrontare questa sfida: non si tratta solo di trovare la cura giusta, ma di sentirsi ascoltate, rispettate e sostenute lungo tutto il percorso.
Le Sfide del Rapporto Medico-Paziente nella Vulvodinia
La vulvodinia comporta diverse sfide nella gestione del rapporto medico-paziente. Il dolore può essere invisibile, spesso senza segni clinici evidenti, portando le pazienti a sentirsi non credute o sottovalutate. E’ una patologia che ha una diagnosi ritardata, possono passare anni prima che una paziente riceva una diagnosi corretta, consultando più specialisti senza risultati concreti. Il forte impatto sulla vita emozionale può generare ansia, depressione e sentimenti di isolamento, rendendo necessario un approccio sensibile ed empatico. Essendo un argomento intimo e delicato, parlare del dolore vulvare e delle difficoltà sessuali può essere imbarazzante per la paziente, per cui un ambiente rispettoso è essenziale.
Un rapporto Medico-Paziente efficace nella Vulvodinia
La tecarterapia è un efficace trattamento nella terapia della vulvodinia e del dolore pelvico cronico (CPP, Chronic Pelvic Pain). Queste condizioni complesse e multifattoriali colpiscono la zona pelvica causando bruciore e dolore persistente e sono associate a problematiche infiammatorie, muscolari, neurologiche e psicologiche.
Indicazioni Terapeutiche della Tecarterapia
La tecarterapia è indicata per diverse condizioni che possono causare dolore pelvico cronico, quali:
_Vulvodinia: Riduce l’infiammazione e il dolore neuropatico nella zona vulvare.
_Tensioni Muscolari del Pavimento Pelvico: Favorisce il rilassamento dei muscoli contratti e ripristina la funzionalità muscolare.
_ Endometriosi: Supporta la gestione del dolore legato all’infiammazione cronica nella zona pelvica.
_ Sindrome del Dolore Miofasciale: Riduce la tensione nei muscoli del pavimento pelvico, migliorandone la funzionalità.
_ Aderenze cicatriziali: Migliora la mobilità dei tessuti e allevia il dolore post-operatorio o post-traumatico.
Tecarterapia e vulvodinia
La tecarterapia rappresenta un’opzione terapeutica molto efficace per le donne che soffrono di vulvodinia, una condizione caratterizzata da dolore cronico e bruciore nella zona vulvare, dolore al rapporto sessuale, tutto senza una causa identificabile.
I benefici della Tecarterapia nella vulvodinia
La tecarterapia è un efficace trattamento della vulvodinia e offre numerosi benefici terapeutici :
Riduzione del Dolore: Grazie al suo effetto analgesico, la tecarterapia agisce direttamente sulla sensibilizzazione dei nervi pelvici, riducendo la percezione del dolore.
Miglioramento della Circolazione Sanguigna e Linfatica: Stimola il drenaggio dei liquidi e favorisce un migliore apporto di ossigeno e nutrienti ai tessuti pelvici, accelerando i processi di guarigione.
Rilassamento Muscolare: Riduce le contratture e l’ipertono muscolare del pavimento pelvico, spesso associati al dolore cronico. Migliora l’elasticità dei tessuti, spesso compromessa dal dolore cronico.
Riduzione dell’Infiammazione: Promuove i processi di guarigione naturale e riduce l’infiammazione cronica che contribuisce al dolore persistente.
Rigenerazione Tissutale: Favorisce la rigenerazione dei tessuti danneggiati o infiammati, contribuendo a un recupero funzionale più rapido.
Ulteriori vantaggi della tecarterapia
_ indolore e non invasiva : può essere utilizzata anche nei pazienti più sensibili.
_ effetto rapido: in molti casi, le pazienti riferiscono un sollievo già dalle prime sedute.
_ complementare ad altre terapie: può essere combinata con fisioterapia del pavimento pelvico, terapie farmacologiche e psicoterapia per un approccio multidisciplinare.
Come funziona la Tecarterapia?
La tecarterapia, nota anche con l’acronimo TECAR (Trasferimento Energetico Capacitivo e Resistivo), è una terapia fisica non invasiva.
Il suo principio si basa sull’utilizzo di radiofrequenza monopolare che stimola la produzione di calore direttamente nei tessuti del corpo.
Questo calore, detto endogeno, favorisce i processi di riparazione cellulare, allevia il dolore e riduce l’infiammazione. Un aspetto peculiare di questa terapia è che il calore non viene applicato dall’esterno, ma è generato all’interno del corpo dal campo elettromagnetico prodotto dall’ apparecchio. Questo effetto è particolarmente efficace e ben tollerato.
Le Modalità della Tecarterapia: Capacitiva e Resistiva
La tecarterapia si avvale di due diverse modalità di funzionamento, la modalità capacitiva e la modalità resistiva, che generalmente sono utilizzate in successione.
Modalità Capacitiva. Questa modalità utilizza un elettrodo isolato (cioè rivestito di materiale isolante) che trasferisce energia solo ai tessuti superficiali molli come pelle, mucosa e vasi sanguigni. Stimola la microcircolazione, favorendo il metabolismo cellulare e viene impiegata nella fase iniziale del trattamento per ridurre l’infiammazione e preparare i tessuti agli interventi successivi. Le pazienti avvertono una sensazione di calore gradevole, dovuta all’aumento della temperatura nei tessuti trattati.
Modalità Resistiva. Utilizza un elettrodo non isolato (non rivestito) che permette pertanto il passaggio e la concentrazione dell'energia nei tessuti più profondi e resistenti, come muscoli, fasce, legamenti. Produce un effetto termico intenso, utile per stimolare la riparazione tissutale, alleviare l'ipercontrazione e il dolore muscolare. Può essere avvertito come meno “caldo” rispetto al trasferimento capacitivo perchè l’energia si concentra nei tessuti più profondi, più interni, meno ricchi di acqua.
UN FORMIDABILE APPROCCIO INTEGRATO: TECARTERAPIA E FISIOTERAPIA NELLA VULVODINIA
La gestione della vulvodinia non è mai semplice, ma un approccio combinato può fare la differenza. La tecarterapia, come abbiamo visto è una tecnologia innovativa che utilizza radiofrequenze per stimolare la guarigione dei tessuti; la fisioterapia del pavimento pelvico, utilizza tecniche manuali mirate alla rieducazione dei muscoli del pavimento pelvico. Le due terapie, utilizzate contemporaneamente, si completano a vicenda in modo straordinario.
La fisioterapia del pavimento pelvico: un supporto fondamentale
La fisioterapia permette di lavorare attivamente sulla percezione, sul controllo e sulla funzionalità dei muscoli pelvici. E’ un trattamento che mira a ridurre le tensioni e le contratture dei muscoli del pavimento pelvico ed è fondamentale per migliorare problematiche come dispareunia e dolore vulvare.
Con la fisioterapia è possibile:
_ Rilassare i muscoli tesi: la pressione mirata aiuta a sciogliere le contratture.
_ Aumentare la consapevolezza corporea: molte donne imparano a riconoscere e controllare meglio le tensioni nel proprio corpo, imparano a muovere correttamente i muscoli del pavimento pelvico.
_ Ridurre il dolore durante i rapporti: con il tempo le manipolazioni possono migliorare la funzionalità muscolare e rendere i rapporti sessuali meno dolorosi.
Perché la combinazione funziona?
Nel trattamento della vulvodinia, la vera forza di questo approccio sta nella sinergia tra la tecarterapia e la fisioterapia. La tecarterapia prepara i tessuti, riducendo il dolore e l'infiammazione, rilassando e scaldando i muscoli rendendo la fisioterapia più tollerabile ed efficace. mentre le manipolazioni lavorano direttamente sui punti di tensione dei muscoli del pavimento pelvico, rilassandoli e migliorandone la funzionalità, consolidando i benefici ottenuti.
Protocollo di Trattamento per la Vulvodinia
Una sessione terapeutica include:
Tecarterapia: si inizia con la modalità capacitiva per aumentare la vascolarizzazione nella zona vulvare, accelerando i processi di guarigione e riducendo l' infiammazione del tessuto. Si prosegue con modalità resistiva con sonda endovaginale, che produce il calore endogeno necessario per rilassare i piani fasciali e muscolari profondi. Questo passaggio prepara i tessuti muscolari e connettivali per le successive applicazioni manuali e per l’esecuzione di esercizi attivi, rendendo il trattamento più efficace.
Manipolazioni perineali e tecarterapia: successivamente si interviene manualmente per sciogliere le contratture e alleviare le tensioni muscolari profonde mediante manovre di manipolazione dei tender e trigger points, continuando a trattare in contemporanea l'area vulvare con l'elettrodo capacitivo.
esercizi di rieducazione: Nel corso di tutta la seduta la paziente apprende specifici esercizi attivi per la cognitivizzazione del pavimento pelvico, per imparare un corretto comando perineale di contrazione e rilassamento, per rieducare il pavimento pelvico, e imparare la respirazione diaframmatica.
La tecarterapia associata alla fisioterapia è sempre un protocollo personalizzato: in base all'estensione della zona interessata, alla gravità del quadro, alla presenza di sintomi correlati. Ogni seduta dura in media 40/50 minuti,
Le pazienti che seguono un approccio combinato riportano numerosi benefici:
_ Riduzione significativa del dolore già dopo poche sedute.
_ Miglioramento della qualità della vita.
_ Maggiore consapevolezza corporea e controllo muscolare.
_ Recupero più rapido della funzionalità sessuale.
_ Miglior tollerabilità: Per i pazienti con forte dolore, la tecarterapia aiuta a ridurre il disagio iniziale, rendendo il percorso più graduale.
_ La tecarterapia accelera i tempi di guarigione e permette di iniziare prima gli esercizi attivi.
Controindicazioni e precauzioni
L’uso combinato è sicuro, ma è importante che sia eseguito da personale esperto in disfunzioni del pavimento pelvico. È necessario valutare il caso specifico e considerare eventuali controindicazioni alla tecarterapia, come:
_ Presenza di infezioni acute.
_ Pacemaker o altri dispositivi elettronici.
_ Gravidanza
_ Patologie oncologiche in atto
Un Invito alla Speranza
Vivere con la vulvodinia può essere estremamente difficile, ma non bisogna arrendersi. La tecarterapia è un efficace trattamento della vulvodinia.
Grazie a terapie innovative come la tecarterapia associata alla fisioterapia è possibile ritrovare sollievo e riprendere il controllo della propria vita. Il supporto di professionisti esperti è fondamentale, così come una buona dose di pazienza e fiducia nel processo di guarigione.
Non esiste una soluzione rapida, ma con un approccio integrato e mirato, molte donne hanno già trovato la strada verso il benessere. Se soffri di vulvodinia, considera di provare questa combinazione terapeutica: potrebbe essere la chiave per il tuo sollievo.
La ginecologa dott.ssa Pajoncini e la psicoterapeuta dott.ssa Venturini propongono un workshop on line per affrontare il tema della Vulvodinia, un dolore apparentemente sine causa della zona vulvare, poco conosciuto ma molto diffuso, che penalizza fortemente la vita sessuale e psicologica.
L’eredità delle donne è prima di tutto un lascito di consapevolezza verso la propria persona: riconoscere, comprendere, ascoltare e tutelare se stesse. Questa consapevolezza è ancora più rilevante se parliamo di dolore fisico, che è un’esperienza sensitiva ed emotiva influenzata da fattori biologici, psicologici e sociali. Non c’è dolore fisico più intimo e femminile di quello provocato dalla Vulvodinia: il dolore vulvare apparentemente senza causa, che si sviluppa in una parte fisica cruciale per la sessualità e la maternità, un’area spesso muta di cui è difficile parlare. Il primo atto di guarigione nasce dalla presa di coscienza di questo dolore, rifiutando la visione della donna come “naturalmente portata alla sofferenza”, rivendicando il riconoscimento del proprio malessere fisico ed emotivo. Il progetto parte dall’idea che la divulgazione scientifica sia il punto chiave per acquisire tale consapevolezza.
Il workshop si svolgerà in un dibattito moderato dalla giornalista scientifica dott.ssa Rossella Castelnuovo, con la partecipazione della ginecologa dott.ssa Cinzia Pajoncini e della psicoterapeuta dott.ssa Anna Chiara Venturini, esperte di vulvodinia.
La ginecologa dott.ssa Pajoncini e la psicoterapeuta dott.ssa Venturini propongono un workshop libero on line per affrontare il tema della Vulvodinia, un dolore della zona vulvare apparentemente “sine causa”, poco conosciuto ma molto diffuso, che penalizza fortemente la vita sessuale e psicologica. Il dolore fisico è un’esperienza sensitiva ed emotiva influenzata da fattori biologici, psicologici e sociali e il dolore della vulvodinia è il dolore fisico più intimo e femminile che si possa immaginare: un dolore che si sviluppa in una parte fisica cruciale per la sessualità e la maternità, un’area spesso muta di cui è difficile parlare.
L'incontro è inserito nel Festival della Social Sustainability Week.
Il primo atto di guarigione nasce dalla presa di coscienza di questo dolore, rifiutando la visione della donna come “naturalmente portata alla sofferenza”, rivendicando il riconoscimento del proprio malessere fisico ed emotivo.
La dottoressa Pajoncini illustrerà l’aspetto anatomico, i sintomi, i fattori predisponenti e precipitanti, le caratteristiche del dolore, il percorso diagnostico della vulvodinia. La dottoressa Venturini dal suo canto illustrerà le emozioni, le dinamiche, gli allarmi e il profilo che si celano dietro la vulvodinia. Non solo il sintomo, ma “perché quel sintomo e perché proprio ora”. La dottoressa Castelnuovo, giornalista scientifica, manterrà l’equilibrio della narrazione fra approccio biologico e approccio psicologico.
Il progetto parte dall’idea che la divulgazione scientifica sia il punto chiave per acquisire tale consapevolezza. Il workshop si svolgerà on line su una piattaforma digitale e sarà articolato in un dibattito moderato dalla giornalista scientifica, con la partecipazione della ginecologa e della psicoterapeuta esperte di vulvodinia. Verrà messo a disposizione dei partecipanti del materiale didattico per facilitare la comprensione e l’autoosservazione individuale. Nella parte finale dell’incontro i presenti potranno porre delle domande libere alle relatrici.
- bruciore vulvare (come di una sigaretta o di un acido corrosivo sulla vulva) che può arrivare all’ano o al clitoride e all'uretra,
- sensazione di calore anomalo
- irritazione, come se ci fosse una abrasione, sino ad arrivare alla presenza di microtagli o tagli veri e propri (soprattutto alla forchetta posteriore dopo i rapporti),
- sensazione di spilli che entrano nella mucosa,
- scariche elettriche o spasmi in vagina,
- sensazione di livido e indolenzimento
- bruciore uretrale,
- bruciori vulvari che vanno e vengono,
- fastidio o sensazioni anomale del clitoride
- impossibilità di avere i rapporti per il dolore alla penetrazione, all'ingresso della vagina in basso (forchetta),
- sensazione di estremasecchezza, prurito, gonfiore o fastidio generalizzati,
- continua sensazione di irritazione in un punto della vulva, ma all'osservazione non si evidenzia mai nulla
- dolore che aumenta stando seduta, magari stando in macchina o davanti al computer a lungo
POTRESTI AVERE UNA VULVODINIA!
(i sintomi su riportati sono stati estratti dall'anamnesi di migliaia di pazienti che presentano vulvodinia)
La Vulvodinia (o meglio la sindrome del dolore vulvare) è:
- un fastidio vulvare cronico,
- spesso descritto come bruciore,
- che si verifica in assenza di alterazioni clinicamente visibili e/o in assenza di uno specifico disordine neurologico,
- della durata superiore a 3 mesi,
- che può essere associato a fattori potenziali di sviluppo dei sintomi,
Può comparire spontaneamente o provocato da stimoli leggeri e apparentemente innocui, che non giustificano il fastidio percepito dalla donna!
Sino a pochi anni fa la maggior parte dei medici ritenevano che la vulvodinia non fosse una malattia reale, ma un disturbo di natura psichica, correlato solo a stati di ansia e stress! Per questo motivo le pazienti si sentivano sminuite e incomprese ed erano riluttanti a parlare dei propri sintomi che venivano considerati solo frutto di fantasia. Ancora oggi non viene diagnosticata in molte donne se non molto tardivamente…
I TERRIBILI SINTOMI DELLA VULVODINIA
Nella Vulvodinia i sintomi (dolore, bruciore cronico, sensazione di spilli, scariche elettriche, dolore puntorio, indolenzimento come un livido ecc.) durano da più di tre mesi, possono comparire spontaneamente senza nessuna causa apparente, oppure al minimo sfioramento, inserendo un tampone vaginale, facendo jogging, andando in bicicletta o semplicemente camminando. La biancheria intima sembra una tortura e la paziente non vede l'ora di tornare a casa per togliersi tutto. A volte la donna non riesce neanche a stare seduta e ha sollievo solo stando distesa a letto, al caldo, a gambe divaricate e senza indumenti. Molto spesso questi sintomi simulano una infezione da candida, ma anche dopo ripetute e lunghe terapie antimicotiche i disturbi non scompaiono.
I fastidi possono essere altalenanti nella settimana, andare e venire senza motivo, prima durante o dopo la mestruazione, con il freddo, l’umido e in periodi di maggiore stress psicologico, addirittura variare durante la giornata tendendo a peggiorare la sera.
il prurito non e’ un sintomo della vulvodinia
Ma la notte...quasi magicamente...i sintomi si acquietano!
Il rapporto sessuale è dolorosissimo per la donna affetta da vulvodinia!
La paziente ha la sensazione che la vagina si troppo stretta per il rapporto, che ci sia un blocco, uno scalino doloroso da superare. A volte, dopo una difficoltosa penetrazione, il rapporto può essere portato a termine, ma il risultato è spesso la comparsa di abrasioni e tagli sulla zona vulvare che durano giorni e giorni. Frequentemente, dopo i rapporti, compare gonfiore, disuria (difficoltà a urinare) e bruciore urinario senza l’evidenza clinica e microbiologica di una cistite batterica.
Nella dispareunia superficiale da vulvodinia, la particolare intensità dei sintomi, il coinvolgimento della vita affettiva e sessuale, l’alterazione globale della qualità della vita possono condurre la donna con vulvodinia a forti stati di ansia e depressione.
In base alla zona in cui vengono avvertiti i sintomi la vulvodinia può essere definita come localizzata o generalizzata.
Vulvodinia localizzata
E' la forma più frequente e tipica delle donne più giovani. Prende il nome dalla zona in cui è presente il dolore (vestibolodinia, clitoridodinia ecc.). Il dolore vulvare è localizzato nella maggior parte dei casi nel vestibolo (vestibolodinia) cioè la zona che circonda l’apertura della vagina e va dall'imene alle piccole labbra (entro la linea di Hart), che può essere sede di eritema di vario grado. Il fastidio è rappresentato spesso da una sensazione di bruciore e compare dopo uno sfregamento o una pressione, come durante il rapporto sessuale. Anche in questa forma il dolore può essere costante o saltuario, scatenato da un leggero stimolo o più raramente spontaneo.
Vulvodinia generalizzata.
In questi casi i sintomi sono presenti in tutta la vulva (possono essere localizzati in qualsiasi area innervata dal nervo pudendo). Il dolore vulvare può essere costante o saltuario, spontaneo o scatenato da un leggero stimolo come uno sfioramento o una pressione. A volte il bruciore vulvare interessa la cute perineale e si accompagna a disturbi rettali, uretrali e spasmo dei muscoli del pavimento pelvico. Spesso non sono presenti segni di eritema (arrossamento). E' più frequente in perimenopausa e rappresenta circa il 20% di tutte le vulvodinie. Può essere provocata ma più frequentemente è spontanea.
La vulvodinia può essere primaria...
i sintomi si manifestano fin dai primi episodi di penetrazione vaginale (in concomitanza con l’inizio dell'attività sessuale o con l’utilizzo di assorbenti interni).
oppure può essere secondaria...
i sintomi si presentano successivamente ad un evento (la paziente ricorda un periodo della sua vita senza vulvodinia). La donna può iniziare a provare disagio o modesto dolore all’introito vaginale solo ad un certo punto della sua vita, in occasione di visite ginecologiche, o di rapporti sessuali più intensi, o in periodi di forte stress; successivamente nel tempo può sviluppare episodi di bruciore vestibolare non provocato, fino ad arrivare eventualmente ad una condizione di vulvodinia generalizzata, spontanea, quotidiana.
La Vulvodinia è una sindrome dolorosa complessa, che si manifesta con sintomi molto vari e i medici ancora non hanno la certezza di quali siano le cause esatte.
La ricerca ha mostrato che alcuni fattori possono potenzialmente essere associati allo sviluppo e al mantenimento di questa condizione clinica. Per tale motivo la vulvodinia è inquadrata come una malattia multifattoriale. Le evidenze accumulate finora rendono verosimile l’ipotesi che si instauri una cascata di eventi che portano al manifestarsi della patologia.
Il dolore è un fenomeno fisiologico con una funzione protettiva e positiva quando è espressione di una corretta risposta adattativa del sistema nervoso che evita o limita un danno tessutale (metto un dito sul fuoco, sento dolore, quindi allontano il dito dal fuoco!). Questo è il dolore nocicettivo, che è causato dall'attivazione dei nocicettori diffusi nel corpo, (recettori termici, di pressione, chimici) i quali rilevano stimoli nocivi che hanno il potenziale di causare danno ai tessuti.
Il dolore è un fenomeno patologico e dannoso quando è espressione di un’alterata risposta adattativa del sistema nervoso, in assenza di un reale problema tissutale scatenante. Questo è il dolore neuropatico, che è causato da un danno dei neuroni del sistema nervoso coinvolti nella percezione del dolore , senza la presenza effettiva di un danno tessutale. Provoca l'anormale percezione di stimoli che non sarebbero dolorosi ma che vengono "avvertiti" come dolorosi. Il dolore neuropatico è persistente ed è esso stesso una malattia.
Il dolore neuropatico caratteristico della vulvodinia è il risultato finale di una sommatoria di fattori sequenziali che, alterando le terminazioni nervose vulvari, provocano una modificazione della percezione normale trasformandola in dolorosa.
Il dolore neuropatico nell'ipersensibilità vulvare viene descritto come: • Iperalgesia in cui lievi stimoli dolorosi vengono percepiti come dolore di forte intensità • Allodinia in cui stimoli normalmente non in grado di provocare sensazioni dolorose vengono percepiti come dolorosi (ad esempio stimoli tattili).
Recentemente l' Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) ha coniato per questo tipo di affezioni il termine di "dolore nociplastico", definito come «un dolore con alterata nocicezione senza chiara evidenza di danno tissutale o malattia del sistema nervoso somatosensoriale». Questa definizione enfatizza l'importanza della sensibilizzazione del sistema nervoso centrale che risponde al dolore cronico aumentandone la percezione.
IL DOLORE NELLA VULVODINIA
Le condizioni cliniche caratterizzate da dolore vulvare vengono distinte clinicamente in due gruppi principali:
- il dolore vulvare che compare senza alcuna causa clinica identificabile, che può essere definito VULVODINIA
- Il dolore vulvare causato da un disordine specifico, che non rientra in una diagnosi di vulvodinia in quanto ne sono individuabili le cause organiche specifiche.
- neurologiche (nevralgia posterpetica, compressioni o lesioni del nervo..)
- iatrogene (interventi chirurgici..)
- da deficit ormonali (la menopausa..)
L'INFIAMMAZIONE NELLA GENESI DELLA VULVODINIA
La vulvodinia è una patologia complessa, in grado di compromettere seriamente la qualità della vita della donna, la cui eziologia, ovvero le cui cause, non sono ancora completamente chiarite,
Numerosi studi indicano come l’infiammazione sia l’elemento principale per l’insorgenza del dolore della vulvodinia. Una condizione di infiammazione cronica sarebbe in grado creare un danno delle fibre nervose vulvari innescando il dolore neuropatico che porterebbe a una alterata percezione degli stimoli e al perpetuarsi della sintomatologia dolorosa anche quando la causa originaria non agisce più.
L'infiammazione ripetuta e persistente può essere causata da condizioni varie, ad esempio rapporti sessuali dolorosi che provocano microtraumi del vestibolo,cistiti recidivanti, vaginiti recidivanti soprattutto da candida, ipertono del pavimento pelvico,distrofia della mucosa del vestibolo, irritazioni meccaniche come sfregamenti, microtraumi ripetuti da attività sportiva troppo intensa tipo spinning step e bicicletta, trattamenti terapeutici invasivi, stipsi cronica, emorroidi e ragadi anali, interventi ginecologici come episiotomia, irritazioni da sostanze chimiche.
l'infiammazione è causata dall'attivazione di una cellula immunitaria chiamata mastocita. I mastociti producono in grande quantità sostanze infiammatorie e sostanze neurotrofiche, molecole che inducono la crescita delle fibre nervose periferiche.
Secondo la teoria patogenetica più recente, i fattori scatenanti e favorenti la vulvodinia provocherebbero l'eccessiva attivazione dei mastociti con un enorme rilascio di sostanze pro-infiammatorie e un alterato accrescimento delle piccole fibre nervose periferiche del nervo pudendo. Le fibre diventano più dense, più superficiali e ramificate. Queste alterazioni delle fibre nervose periferiche le renderebbe maggiormente sensibili ed eccitabili, amplificando il meccanismo di percezione del dolore, generando l'iperalgesia e l'allodinia che la paziente avverte a livello vulvare. La proliferazione incontrollata delle fibre nervose genera inoltre la produzione di una grande quantità di neurotrasmettitori che agirebbero nuovamente sull'iperattivazione dei mastociti, incrementando il processo infiammatorio in un circolo vizioso senza via di uscita.L'infiammazione nel tempo si svincolerebbe dalla causa che l’ha generata continuando ad agire anche ormai in assenza della patologia causale iniziale.
IL RUOLO DEL PAVIMENTO PELVICO NELLA VULVODINIA
Le evidenze scientifiche concordano nel descrivere la vulvodinia come una sindrome le cui principali caratteristiche sono: ipersensibilità vulvare e disfunzione ipertonica del pavimento pelvico.
Le ricerche riportano la presenza di un'aumentata attività del pavimento pelvico nell'80% - 90% delle pazienti con vulvodinia. Viene definito ipertono o iperattività del pavimento pelvico l'aumentata attività del muscolo elevatore dell’ano (il piano muscolare che sorregge e circonda su 3 lati la vagina, la vulva e il retto), L'iperattività muscolare è correlata all’intensità della sintomatologia della vulvodinia. Studi elettromiografici condotti sul pavimento pelvico di pazienti con vulvodinia evidenziano vari tipi di disfunzioni muscolari, principalmente l' ipertono del pavimento pelvico, secondariamente la diminuita capacità contrattile e lo scarso controllo volontario della muscolatura. E' da sottolineare che nella maggior parte dei casi le pazienti non sono consapevoli della propria disfunzione muscolare.
I sintomi minzionali che si manifestano nella vulvodinia quali la difficoltà a iniziare la minzione, la difficoltà a svuotare completamente la vescica, l'urgenza e la frequenza continue, sarebbero causati dall'ipertono del pavimento pelvico.
È ancora oggetto di discussione se la disfunzione muscolare possa essere un fattore predisponente, preesistente alla comparsa del dolore vulvare, o un fattore secondario, successivo allo stato infiammatorio cronico e conseguente al dolore da vulvodinia.
L’ipertono del pavimento pelvico infatti può agire come fattore di predisposizione in due modi:
- lo stato cronico di contrattura, attraverso una vasocostrizione prolungata, determina una riduzione del flusso di sangue/ossigeno e nutrienti a livello dei tessuti con conseguente ischemia, liberazione di sostanze pro infiammatorie che causano iperproliferazione delle fibre nervose locali, sintomi dolorosi e comparsa di trigger points dolorosi.
- la contrattura, provocando il restringimento dell’introito vaginale, lo sottopone a maggiore trazione durante i rapporti causando frequenti microtraumatismi e conseguenti infiammazioni
Ma l’ipertono del pavimento pelvico potrebbe anche essere una conseguenza del dolore vulvare a causa della contrazione muscolare che la donna metterebbe in atto come reazione di difesa al dolore.
LA DIAGNOSI
La visita ginecologica deve essere mirata a far emergere le alterazioni specifiche presenti nella vulvodinia:
- una raccolta completa dell’anamnesi che comprenda tutta la storia clinica della paziente,
- un esame obiettivo con la mappatura delle zone dolorose che escluda lesioni presenti riferibili ad altre patologie o infezioni,
- un esame della muscolatura del pavimento pelvico con la valutazione delle alterazioni della funzionalità, alterazioni della coordinazione con altri gruppi muscolari, e presenza di trigger/tender points.
- lo swab test (test dell’ipersensibilità alla pressione effettuata con l’apice di un cotton fioc - test di Friederich).
Nel sospetto di vulvodinia è importante escludere la presenza di infezioni vulvovaginali clinicamente significative, cistiti e vaginiti, dermatiti e dermatosi, patologie neoplastiche e altre patologie neurologiche.
SWAB TEST
Si effettua toccando delicatamente alcuni specifici punti della zona vestibolare con la punta di un cotton fiock (Test di Friedrich).Questi contatti provocano una sensazione di dolore o bruciore vulvare esagerati in presenza di una mucosa rosea e senza lesioni. Questo test è importante anche per la valutazione del dolore nel tempo, in controlli successivi.
PERCHE' E’ IMPORTANTE FARE LA DIAGNOSI IL PRIMA POSSIBILE?
Non potete immaginare quante donne abbiano sintomi da vulvodinia senza saperne il perchè! E nessuno ha spiegato loro il motivo di tutti i disturbi che avvertono...spesso la ricerca delle cause procede a tentoni, senza una direzione logica, provando farmaci in modo fortuito nel sempre maggiore scoraggiamento della paziente
La ricerca ci dice che la vulvodinia colpisce fino al 16% delle donne, anche se la percentuale potrebbe essere sottostimata. Gli studi scientifici affermano che l’età di insorgenza è giovanile, usualmente nella terza e quarta decade della vita.
In realtà ho potuto effettuare la diagnosi di vulvodinia in donne che avevano dai 12 ai 80 anni! Con i sintomi più vari e insidiosi che può interpretare solo chi conosce bene questa patologia.
IMPORTANTE E' LA TEMPESTIVITA' DELLA DIAGNO, PERCHE' CON IL TRASCORRERE DEL TEMPO E' PIU' DIFFICILE E PIU' LUNGO IL PERCORSO PER CANCELLARE LA MEMORIA DEL DOLORE
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GUARIRO’ MAI?
Si, guarire è possibile. Ci vuole molta forza, costanza, determinazione e….. un buon medico!
La terapia è multimodale, poichè deve correggere tutti i meccanismi patogenetici coinvolti che hanno scatenato i sintomi. Non esiste quindi un protocollo standard per curare la vulvodinia, è un percorso terapeutico non breve e le cure vanno personalizzate e verificate con un feedback continuo tra medico e paziente.
La terapia mira a ridurre l’iperattività del mastocita, a modulare l'eccessiva risposta al dolore, a rilassare i muscoli del pavimento pelvico, a curare le disfunzioni psicologiche della sindrome dolorosa, a rimuovere le patologie che possano avere innescato il meccanismo infiammatorio iniziale e a riportare la paziente a una condizione fisica, emotiva e psicologica di benessere.
I presidi terapeutici più importanti sono:
Eliminare ogni fattore potenzialmente irritante che possa causare bruciore vulvare (prevenire vaginiti e cistiti, evitare step, spinning, bicicletta, interrompere momentaneamente i rapporti ecc.)
Consigliare adeguate norme igienico-comportamentali (evitare pantaloni stretti, biancheria sintetica, perizoma ecc.). Può essere consigliata una biancheria in maglina di seta naturale medicata che ha una azione antiinfiammatoria e antimicotica/antibatterica.
Usare sempre un lubrificante durante i rapporti
Usare farmaci che riducano l'iperattività del mastocita (Palmitoiletanolamide, acido alfa-Lipoico, acidi omega3, antiinfiammatori naturali, gel antiinfiammatori locali)
Utilizzare farmaci che desensibilizzino le vie nervose del dolore:
Antidepressivi Triciclici (es.amitriptilina)
Anticonvulsivanti (es.gabapentina)
Antidepressivi SSNRI (es. duloxetina, venflaxina)
Cannabidiolo
Farmaci miorilassanti antispastici ad azione centrale (es. Baclofene)
Rieducazione perineale: cognitivizzazione del pavimento pelvico, terapia manuale e mobilizzazione dei tessuti con tecniche di stretching, trattamento dei trigger points dolorosi sec. il protocollo di Standford, respirazione diaframmatica, eliminazione di contrazioni agoniste e antagoniste, automatizzazione della corretta attività muscolare perineale,
BIOFEEDBACK
TECAR TERAPIA del pavimento pelvico
ELETTROSTIMOLAZIONE ANTALGICA (TENS)
RADIOFREQUENZA
TTNS (Stimolazione transcutanea del nervo tibiale posteriore)
Infiltrazioni sottomucose vestibolari di cortisonici+anestetici locali
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