LA VULVODINIA: UN INSOPPORTABILE DOLORE INTIMO FEMMINILE. SINTOMI DIAGNOSI E CURA.

SE AVVERTI:

  • - bruciore vulvare (come di una sigaretta o di un acido corrosivo sulla vulva) che può arrivare all’ano o al clitoride e all'uretra,
  • - sensazione di calore anomalo
  • - irritazione, come se ci fosse una abrasione, sino ad arrivare alla presenza di microtagli o tagli veri e propri (soprattutto alla forchetta posteriore dopo i rapporti),
  • - sensazione di spilli che entrano nella mucosa,
  • - scariche elettriche o spasmi in vagina,
  • - sensazione di livido e indolenzimento
  • - bruciore uretrale,
  • - bruciori vulvari che vanno e vengono,
  • - fastidio o sensazioni anomale del clitoride
  • - impossibilità di avere i rapporti per il dolore alla penetrazione, all'ingresso della vagina in basso (forchetta), 
  • - sensazione di estrema secchezza, prurito, gonfiore o fastidio generalizzati,
  • - continua sensazione di irritazione in un punto della vulva, ma all'osservazione non si evidenzia mai nulla
  • - dolore che aumenta stando seduta, magari stando in macchina o davanti al computer a lungo

POTRESTI AVERE UNA VULVODINIA! 

(i sintomi su riportati sono stati estratti dall'anamnesi di migliaia di pazienti che presentano vulvodinia)

VEDI ANCHE VULVODINIA: LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA

La Vulvodinia  (o meglio la sindrome del dolore vulvare) è:

- un fastidio vulvare cronico,

- spesso descritto come bruciore,

- che si verifica in assenza di alterazioni clinicamente visibili e/o in assenza di uno specifico disordine neurologico,

- della durata superiore a 3 mesi,

- che può essere associato a fattori potenziali di sviluppo dei sintomi,

Può comparire spontaneamente o  provocato da stimoli leggeri e apparentemente innocui, che non giustificano il fastidio percepito dalla donna!

Sino a pochi anni fa la maggior parte dei medici ritenevano che la vulvodinia non fosse una malattia reale, ma un disturbo di natura psichica, correlato solo a stati di ansia e stress! Per questo motivo le pazienti si sentivano sminuite e incomprese ed erano riluttanti a parlare dei propri sintomi che venivano considerati solo frutto di fantasia. Ancora oggi non viene diagnosticata in molte donne se non molto tardivamente…


I TERRIBILI SINTOMI DELLA VULVODINIA

Nella Vulvodinia i sintomi (dolore, bruciore cronico, sensazione di spilli, scariche elettriche, dolore puntorio, indolenzimento come un livido ecc.) durano da più di tre mesi,  possono comparire spontaneamente senza nessuna causa apparente, oppure al minimo sfioramento, inserendo un tampone vaginale, facendo jogging, andando in bicicletta o semplicemente camminando. La biancheria intima sembra una tortura e la paziente non vede l'ora di tornare a casa per togliersi tutto. A volte la donna non riesce neanche a stare seduta e ha sollievo solo stando distesa a letto, al caldo, a gambe divaricate e senza indumenti. Molto spesso questi sintomi simulano una infezione da candida, ma anche dopo ripetute e lunghe terapie antimicotiche i disturbi non scompaiono.

vulvodinia sintomi
Il calore porta sollievo ai dolori della vulvodinia

I fastidi possono essere altalenanti nella settimana, andare e venire senza motivo, prima durante o dopo la mestruazione, con il freddo, l’umido e in periodi di maggiore stress psicologico, addirittura variare durante la giornata tendendo a peggiorare la sera.

il prurito non e’ un sintomo della vulvodinia

Ma la notte...quasi magicamente...i sintomi si acquietano!

rapporti sessuali dolorosi
il rapporto sessuale è spesso impossibile

Il rapporto sessuale è dolorosissimo per la donna affetta da vulvodinia!

La paziente ha la sensazione che la vagina si troppo stretta per il rapporto, che ci sia un blocco, uno scalino doloroso da superare. A volte, dopo una difficoltosa penetrazione, il rapporto può essere portato a termine, ma il risultato è spesso la comparsa di abrasioni e tagli sulla zona vulvare che durano giorni e giorni. Frequentemente, dopo i rapporti, compare gonfiore, disuria (difficoltà a urinare) e bruciore urinario senza l’evidenza clinica e microbiologica di una cistite batterica.

Nella dispareunia superficiale da vulvodinia, la particolare intensità dei sintomi, il coinvolgimento della vita affettiva e sessuale, l’alterazione globale della qualità della vita possono condurre la donna con vulvodinia a forti stati di ansia e depressione.

vedi anche: come capisco se ho la vulvodinia?

LA VULVA

La vulva è la parte esterna dell’organo genitale femminile. E' il centro della risposta sessuale femminile. E’ composta da più parti che comprendono:

anatomia della vulva
  1. il monte di Venere,
  2. le grandi labbra,
  3. le piccole labbra,
  4. il clitoride,
  5. il vestibolo,
  6. il meato uretrale esterno
  7. l’introito (ingresso) vaginale.

VEDI ANCHE ANATOMIA E INNERVAZIONE DELLA VULVA E DEL PAVIMENTO PELVICO

COME SI MANIFESTANO I SINTOMI DELLA VULVODINIA

In base alla zona in cui vengono avvertiti i sintomi la vulvodinia può essere definita come localizzata o generalizzata.

Vulvodinia localizzata

vulvodinia localizzata

E' la forma più frequente e tipica delle donne più giovani. Prende il nome dalla zona in cui è presente il dolore (vestibolodinia, clitoridodinia ecc.). Il dolore vulvare è localizzato nella maggior parte dei casi nel vestibolo (vestibolodinia) cioè la zona che circonda l’apertura della vagina e va dall'imene alle piccole labbra (entro la linea di Hart), che può essere sede di eritema di vario grado. Il fastidio è rappresentato spesso da una sensazione di bruciore e compare dopo uno sfregamento o una pressione, come durante il rapporto sessuale. Anche in questa forma il dolore può essere costante o saltuario, scatenato da un leggero stimolo o più raramente spontaneo.

Vulvodinia generalizzata.

vulvodinia generalizzata

In questi casi i sintomi sono presenti in tutta la vulva (possono essere localizzati in qualsiasi area innervata dal nervo pudendo). Il dolore vulvare può essere costante o saltuario, spontaneo o scatenato da un leggero stimolo come uno sfioramento o una pressione. A volte il bruciore vulvare interessa la cute perineale e si accompagna a disturbi rettali, uretrali e spasmo dei muscoli del pavimento pelvico. Spesso non sono presenti segni di eritema (arrossamento). E' più frequente in perimenopausa e rappresenta circa il 20% di tutte le vulvodinie. Può essere provocata ma più frequentemente è spontanea.

La vulvodinia può essere primaria...

i sintomi si manifestano fin dai primi episodi di penetrazione
vaginale
(in concomitanza con l’inizio dell'attività sessuale o con l’utilizzo di assorbenti interni).

oppure può essere secondaria...

i sintomi si presentano successivamente ad un evento (la paziente ricorda un periodo della sua vita senza vulvodinia). La donna può iniziare a provare disagio o modesto dolore all’introito vaginale solo ad un certo punto della sua vita, in occasione di visite ginecologiche, o di rapporti sessuali più intensi, o in periodi di forte stress; successivamente nel tempo può sviluppare episodi di bruciore vestibolare non provocato, fino ad arrivare eventualmente ad una condizione di vulvodinia generalizzata, spontanea, quotidiana.

vedi anche classificazione della vulvodinia

I FATTORI POTENZIALI ASSOCIATI ALLA VULVODINIA

La Vulvodinia è una sindrome dolorosa complessa, che si manifesta con sintomi molto vari e i medici ancora non hanno la certezza di quali siano le cause esatte.

La ricerca ha mostrato che alcuni fattori possono potenzialmente essere associati allo sviluppo e al mantenimento di questa condizione clinica. Per tale motivo la vulvodinia è inquadrata come una malattia multifattoriale. Le evidenze accumulate finora rendono verosimile l’ipotesi che si instauri una cascata di eventi che portano al manifestarsi della patologia.

fattori associati alla vulvodinia.
I fattori che possono essere associati alla vulvodinia

 

 

DAL SINTOMO ALLA MALATTIA: IL DOLORE

Il dolore è un fenomeno fisiologico con una funzione protettiva e positiva quando è espressione di una corretta risposta adattativa del sistema nervoso che evita o limita un danno tessutale (metto un dito sul fuoco, sento dolore, quindi allontano il dito dal fuoco!). Questo è il dolore nocicettivo, che è causato dall'attivazione dei nocicettori diffusi nel corpo, (recettori termici, di pressione, chimici) i quali rilevano stimoli nocivi che hanno il potenziale di causare danno ai tessuti. 

Il dolore è un fenomeno patologico e dannoso quando è espressione di un’alterata risposta adattativa del sistema nervoso, in assenza di un reale problema tissutale scatenante. Questo è il dolore neuropatico, che è causato da un danno dei neuroni del sistema nervoso coinvolti nella percezione del dolore , senza la presenza effettiva di un danno tessutale. Provoca l'anormale percezione di stimoli che non sarebbero dolorosi ma che vengono "avvertiti" come dolorosi. Il dolore neuropatico è persistente ed è esso stesso una malattia.

Il dolore neuropatico caratteristico della vulvodinia è il risultato finale di una sommatoria di fattori sequenziali che, alterando le terminazioni nervose vulvari, provocano una modificazione della percezione normale trasformandola in dolorosa.

Il dolore neuropatico nell'ipersensibilità vulvare viene descritto come:
Iperalgesia in cui lievi stimoli dolorosi vengono percepiti come dolore di forte intensità
Allodinia in cui stimoli normalmente non in grado di provocare sensazioni dolorose vengono percepiti come dolorosi (ad esempio stimoli tattili).

Recentemente l' Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) ha coniato per questo tipo di affezioni il termine di "dolore
nociplastico",
definito come «un dolore con alterata nocicezione senza chiara evidenza di danno tissutale o malattia del sistema nervoso
somatosensoriale». Questa definizione enfatizza l'importanza della sensibilizzazione del sistema nervoso centrale che risponde al dolore cronico aumentandone la percezione.

IL DOLORE NELLA VULVODINIA

Le condizioni cliniche caratterizzate da dolore vulvare vengono distinte clinicamente in due gruppi principali:

  • - il dolore vulvare che compare senza alcuna causa clinica identificabile, che può essere definito VULVODINIA
  • - Il dolore vulvare causato da un disordine specifico, che non rientra in una diagnosi di vulvodinia in quanto ne sono individuabili le cause organiche specifiche.
    • - infettive (vulvovaginiti batteriche, micotiche, herpes..)  
    • - infiammatorie (dermatosi come lichen..)  
    • - neoplastiche
    • - neurologiche (nevralgia posterpetica, compressioni o lesioni del nervo..)
    • - iatrogene (interventi chirurgici..)
    • - da deficit ormonali (la menopausa..)

L'INFIAMMAZIONE NELLA GENESI DELLA VULVODINIA

La vulvodinia è una patologia complessa, in grado di compromettere seriamente la qualità della vita della donna, la cui eziologia, ovvero le cui cause, non sono ancora completamente chiarite,

Numerosi studi indicano come l’infiammazione sia l’elemento principale per l’insorgenza del dolore  della vulvodinia. Una condizione di infiammazione cronica sarebbe in grado creare un danno delle fibre nervose vulvari innescando il dolore neuropatico che porterebbe a una alterata percezione degli stimoli e al perpetuarsi della sintomatologia dolorosa anche quando la causa originaria non agisce più.

L'infiammazione ripetuta e persistente può essere causata da condizioni varie, ad esempio rapporti sessuali dolorosi che provocano microtraumi del vestibolo, cistiti recidivanti, vaginiti recidivanti soprattutto da candida, ipertono del pavimento pelvico, distrofia della mucosa del vestibolo, irritazioni meccaniche come sfregamenti, microtraumi ripetuti da attività sportiva troppo intensa tipo spinning step e bicicletta, trattamenti terapeutici invasivi, stipsi cronica, emorroidi e ragadi anali, interventi ginecologici come episiotomia, irritazioni da sostanze chimiche.

l'infiammazione è causata dall'attivazione di una cellula immunitaria chiamata mastocita. I mastociti producono in grande quantità sostanze infiammatorie e sostanze neurotrofiche, molecole che inducono la crescita delle fibre nervose periferiche.

anatomia della vulva


Secondo la teoria patogenetica più recente, i fattori scatenanti e favorenti la vulvodinia provocherebbero l'eccessiva attivazione dei mastociti con un enorme rilascio di sostanze pro-infiammatorie e un alterato accrescimento delle piccole fibre nervose periferiche del nervo pudendo. Le fibre diventano più dense, più superficiali e ramificate. Queste alterazioni delle fibre nervose periferiche le renderebbe maggiormente sensibili ed eccitabili, amplificando il meccanismo di percezione del dolore,  generando l'iperalgesia e l'allodinia che la paziente avverte a livello vulvare. La proliferazione incontrollata delle fibre nervose genera inoltre la produzione di una grande quantità di neurotrasmettitori che agirebbero nuovamente sull'iperattivazione dei mastociti,  incrementando il  processo infiammatorio in un circolo vizioso senza via di uscita. L'infiammazione nel tempo si svincolerebbe dalla causa che l’ha generata continuando ad agire anche ormai in assenza della patologia causale iniziale.

 

IL RUOLO DEL PAVIMENTO PELVICO NELLA VULVODINIA

pavimento pelvico

 

 


Le evidenze scientifiche concordano nel descrivere la vulvodinia come una sindrome le cui principali caratteristiche sono: ipersensibilità vulvare e disfunzione ipertonica del pavimento pelvico.

Le ricerche riportano la presenza di un'aumentata attività del pavimento pelvico nell'80% - 90% delle pazienti con vulvodinia. Viene definito ipertono o iperattività del pavimento pelvico l'aumentata attività del muscolo elevatore dell’ano (il piano muscolare  che sorregge e circonda su 3 lati la vagina, la vulva e il retto),
L'iperattività muscolare è correlata all’intensità della sintomatologia della vulvodinia.
Studi elettromiografici condotti sul pavimento pelvico di pazienti con vulvodinia evidenziano vari tipi di disfunzioni muscolari, principalmente l' ipertono del pavimento pelvico, secondariamente la diminuita capacità contrattile e lo scarso controllo volontario della muscolatura. E' da sottolineare che nella maggior parte dei casi le pazienti non sono consapevoli della propria disfunzione muscolare.

I sintomi minzionali che si manifestano nella vulvodinia quali la difficoltà a iniziare la minzione, la difficoltà a svuotare completamente la vescica, l'urgenza e la frequenza continue, sarebbero causati dall'ipertono del pavimento pelvico.

È ancora oggetto di discussione se la disfunzione muscolare possa essere un fattore predisponente, preesistente alla comparsa del dolore vulvare, o un fattore secondario, successivo allo stato infiammatorio cronico e conseguente al dolore da vulvodinia.

L’ipertono del pavimento pelvico infatti può agire come fattore di predisposizione in due modi:

  • - lo stato cronico di contrattura, attraverso una vasocostrizione prolungata, determina una riduzione del flusso di sangue/ossigeno e nutrienti a livello dei tessuti con conseguente ischemia, liberazione di sostanze pro infiammatorie che causano iperproliferazione delle fibre nervose locali, sintomi dolorosi e comparsa di trigger points dolorosi.
  • - la contrattura, provocando il restringimento dell’introito vaginale, lo sottopone a maggiore trazione durante i rapporti causando frequenti microtraumatismi e conseguenti infiammazioni

Ma l’ipertono del pavimento pelvico potrebbe anche essere una conseguenza del dolore vulvare a causa della contrazione muscolare che la donna metterebbe in atto come reazione di difesa al dolore.

LA DIAGNOSI

La visita ginecologica deve essere mirata a far emergere le alterazioni specifiche presenti nella vulvodinia:

  • - una raccolta completa dell’anamnesi che comprenda tutta la storia clinica della paziente,
  • - un esame obiettivo con la mappatura delle zone dolorose che escluda lesioni presenti riferibili ad altre patologie o infezioni,
  • - un esame della muscolatura del pavimento pelvico con la valutazione delle alterazioni della funzionalità, alterazioni della coordinazione con altri gruppi muscolari, e presenza di trigger/tender points.
  • - lo swab test (test dell’ipersensibilità alla pressione effettuata con l’apice di un cotton fioc - test di Friederich).

Nel sospetto di vulvodinia è importante escludere la presenza di infezioni vulvovaginali clinicamente significative, cistiti e vaginiti, dermatiti e dermatosi, patologie neoplastiche e altre patologie neurologiche.

 

SWAB TEST

vulvodinia diagnosi
swab test vulvodinia
test del cotton fiock per valutare il dolore vulvare

Si effettua toccando delicatamente alcuni specifici punti della zona vestibolare con la punta di un cotton fiock (Test di Friedrich). Questi contatti provocano una sensazione di dolore o bruciore vulvare esagerati in presenza di una mucosa rosea e senza lesioni. Questo test è importante anche per la valutazione del dolore nel tempo, in controlli successivi. 

vedi anche il questionario di valutazione della vulvodinia

PERCHE' E’ IMPORTANTE FARE LA DIAGNOSI IL PRIMA POSSIBILE?

Non potete immaginare quante donne abbiano sintomi da vulvodinia senza saperne il perchè! E nessuno ha spiegato loro il motivo di tutti i disturbi che avvertono...spesso la ricerca delle cause procede a tentoni, senza una direzione logica, provando farmaci in modo fortuito nel sempre maggiore scoraggiamento della paziente

La ricerca ci dice che la vulvodinia colpisce fino al 16% delle donne, anche se la percentuale potrebbe essere sottostimata. Gli studi scientifici affermano che l’età di insorgenza è giovanile, usualmente nella terza e quarta decade della vita.

In realtà ho potuto effettuare la diagnosi di vulvodinia in donne che avevano dai 12 ai 80 anni! Con i sintomi più vari e insidiosi che può interpretare solo chi conosce bene questa patologia.

IMPORTANTE E' LA TEMPESTIVITA'  DELLA  DIAGNO, PERCHE' CON IL TRASCORRERE DEL TEMPO E' PIU' DIFFICILE E PIU' LUNGO IL PERCORSO PER CANCELLARE LA MEMORIA DEL DOLORE

GUARIRO’ MAI?

dolore pelvico cronico

 

 

 

Si, guarire è possibile. Ci vuole molta forza, costanza, determinazione e….. un buon medico!

La terapia è multimodale, poichè deve correggere tutti i meccanismi patogenetici coinvolti che hanno scatenato i sintomi.  Non esiste quindi un protocollo standard  per curare la vulvodinia, è un percorso terapeutico non breve e le cure vanno personalizzate e verificate con un feedback continuo tra medico e paziente.

La terapia mira a ridurre l’iperattività del mastocita, a modulare l'eccessiva risposta al dolore, a rilassare i muscoli del pavimento pelvico, a curare le disfunzioni psicologiche della sindrome dolorosa, a rimuovere le patologie che possano avere innescato il meccanismo infiammatorio iniziale e a riportare la paziente a una condizione fisica, emotiva e psicologica di benessere.

I presidi terapeutici più importanti sono:

Eliminare ogni fattore potenzialmente irritante che possa causare bruciore vulvare (prevenire vaginiti e cistiti, evitare step, spinning, bicicletta, interrompere momentaneamente i rapporti ecc.)

Consigliare adeguate norme igienico-comportamentali (evitare pantaloni stretti, biancheria sintetica, perizoma ecc.). Può essere consigliata una biancheria in maglina di seta naturale medicata che ha una azione antiinfiammatoria e antimicotica/antibatterica.

Usare sempre un lubrificante durante i rapporti

Usare farmaci che riducano l'iperattività del mastocita (Palmitoiletanolamide,  acido alfa-Lipoico, acidi omega3, antiinfiammatori naturali, gel antiinfiammatori locali)

Utilizzare farmaci che desensibilizzino le vie nervose del dolore:

  • Antidepressivi Triciclici (es.amitriptilina)
  • Anticonvulsivanti (es.gabapentina)
  • Antidepressivi SSNRI (es. duloxetina, venflaxina)
  • Cannabidiolo

Farmaci miorilassanti antispastici ad azione centrale (es. Baclofene)

Rieducazione perineale: cognitivizzazione del pavimento pelvico, terapia manuale e mobilizzazione dei tessuti con tecniche di stretching, trattamento dei trigger points dolorosi sec. il protocollo di Standford, respirazione diaframmatica, eliminazione di contrazioni agoniste e antagoniste, automatizzazione della corretta attività muscolare perineale,

BIOFEEDBACK

TECAR TERAPIA del pavimento pelvico

ELETTROSTIMOLAZIONE ANTALGICA (TENS)

RADIOFREQUENZA

TTNS (Stimolazione transcutanea del nervo tibiale posteriore)

Infiltrazioni sottomucose vestibolari di cortisonici+anestetici locali

Tecniche di blocco del Nervo Pudendo 

Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale con EMDR 

vulvodinia guarigione

 

 

CISTITE RICORRENTE Intervista su Radio Roma Capitale maggio 2022

 

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ANATOMIA DELLA VULVA E DEL PAVIMENTO PELVICO

ANATOMIA DELLA VULVA

Viene denominata vulva la parte esterna dei genitali femminili.

La vulva è il centro della risposta sessuale femminile. I limiti vanno anteriormente dal monte di Venere e posteriormente all’ano. Il confine laterale giace nelle pieghe genito-crurali (inguine).

La vulva include:

  • il monte di venere o monte del pube, 
  • le grandi labbra, 
  • le piccole labbra, 
  • il prepuzio o cappuccio clitorideo, 
  • il clitoride,
  • il vestibolo vulvare.
  • il meato uretrale esterno
ANATOMIA DELLA VULVA
  • Il monte di Venere è costituito da un cuscinetto di grasso nella parte anteriore della vulva, ricoperto da cute e peli pubici.

Forse non tutti sanno che la rimozione totale dei peli pubici, attualmente di moda fra le donne, provoca una evidente alterazione della temperatura, dell’umidità e della protezione della zona vulvare. 

  • Le grandi labbra sono 2 pliche cutanee simmetriche che anteriormente si inseriscono sul monte di Venere e posteriormente scendono verso l'ano fondendosi nella commissura posteriore.
  • Le piccole labbra sono due pliche cutanee comprese all’interno delle grandi labbra, si fondono anteriormente a formare il cappuccio clitorideo, scendono lateralmente a circondare l'apertura vaginale e si fondono posteriormente al vestibolo a formare la forchetta posteriore. Sulle piccole labbra la pelle si assottiglia e diviene delicata.
  • Il clitoride è localizzato in alto alla fusione delle piccole labbra, sotto il cappuccio clitorideo. E' organo ricco di vasi e nervi, costituito dall’unione di due corpi cavernosi cilindrici formati da tessuto erettile (come i corpi cavernosi del pene maschile), che si riempie di sangue, si gonfia e si dilata durante la stimolazione sessuale.
  • Il meato uretrale esterno è l'apertura esterna dell' uretra. È il punto in cui l'urina sbocca all'esterno,  si trova al di sotto del clitoride ed è delimitato lateralmente dall'area vestibolare.

La regione vestibolare

VESTIBOLO DELLA VULVA

 

È un’area triangolare con apice anteriore e base posteriore,
compresa tra il clitoride e la regione della forchetta posteriore.

Viene delimitato dalla linea di Hart, che demarca la giunzione fra l’epitelio non cheratinizzato del vestibolo e quello cheratinizzato della faccia interna delle piccole labbra. Al di sotto della mucosa è presente una ricca ramificazione di terminazioni libere del nervo pudendo, maggiore rispetto a quella presente nella vagina, che trasmette stimoli tattili e dolorifici.

Questa zona riveste un importante ruolo anatomo-funzionale
durante i rapporti sessuali per due motivi:

  • Subisce una forte trazione durante la penetrazione, soprattutto
    nella zona infero-posteriore della forchetta.
  • È responsabile della lubrificazione in quanto in questa regione si
    ritrovano gli sbocchi delle ghiandole di Bartolini e delle ghiandole
    vestibolari minori, che secernono muco lubrificante, le quali sono
    regolate nella loro funzione secretoria dalle terminazioni nervose
    vestibolari

L'INNERVAZIONE DELLA VULVA

INNERVAZIONE DELLA VULVA

La vulva è innervata da rami labiali anteriori del nervo ilioinguinale, dal nervo genitofemorale e da rami del nervo pudendo.

 

In vicinanza della tuberosità ischiatica, il nervo pudendo si divide in tre branche: il nervo dorsale del clitoride, il nervo perineale (che innerva le grandi labbra e il perineo), il nervo rettale inferiore (che innerva l’area perineale). Il nervo pudendo innerva anche lo sfintere anale esterno e i muscoli profondi del triangolo urogenitale.

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MUSCOLI DEL PAVIMENTO PELVICO


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LA MUSCOLATURA DEL PAVIMENTO PELVICO

MUSCOLI DEL PAVIMENTO PELVICO

I muscoli del pavimento pelvico sono divisi in 3 strati.

  1. I muscoli superficiali del pavimento pelvico (bulbocavernoso, ischiocavernoso e superficiale trasverso del perineo) che costituiscono nel loro insieme il DIAFRAMMA UROGENITALE. Il diaframma urogenitale esplica la sua attività nella funzione sessuale, aumentando l’ingorgo del clitoride, chiudendo la vagina come risposta riflessa per aumentare il piacere sessuale,  facilitando la chiusura dell’uretra e dell’ano per la continenza.
  2. Lo strato medio che comprende il muscolo perineale trasverso profondo e lo sfintere uretrale.
  3. I muscoli profondi del pavimento pelvico includono l’elevatore dell’ano (pubococcigeo, ileococcigeo e puborettale) e il muscolo coccigeo.

Il corpo perineale è il grosso nucleo tendineo centrale a cui si attaccano i tre strati muscolari del pavimento pelvico.

La funzione neurovascolare della muscolatura del pavimento pelvico è provvista dalla arteria e vena pudenda e dal nervo pudendo, che passano attraverso il canale di Alcock. I muscoli profondi del pavimento pelvico sostegno i visceri e gli organi addominali, danno stabilità alla pelvi e alla colonna vertebrale, aiutano la respirazione, regolano la chiusura degli sfinteri per la funzione urinaria e intestinale, intervengono nella funzione sessuale.

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LA VULVODINIA: UN INSOPPORTABILE DOLORE INTIMO 

VULVODINIA: LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA 

L'INCUBO DELLA CISTITE CRONICA

CISTITE RICORRENTE Intervista su Radio Roma Capitale maggio 2022

INTERNATIONAL SOCIETY FOR STUDY OF VULVOVAGINAL DESEASE https://www.issvd.org/

NATIONAL VULVODYNIA ASSOTIATION https://www.nva.org/

LA TECARTERAPIA: UN EFFICACE TRATTAMENTO DELLA VULVODINIA

PISOLINO POMERIDIANO E… IPERTENSIONE SANGUIGNA!

Ipertensione sanguignaIl pisolino pomeridiano e’ associato alla diminuzione della pressione sanguigna e alla riduzione delle medicine antiipertensive!

Questi sono i risultati di uno studio presentato all'ultimo Meeting annuale della European Society of Cardiology effettuato su 386 pazienti di età media affetti da ipertensione.

I risultati mostrano che le persone che fanno regolarmente il pisolino Ipertensione sanguigna e ppisolino pomeridianopomeridiano hanno una diminuzione media del 5% della pressione sistolica sanguigna nelle 24 ore rispetto ai soggetti che non dormono il pomeriggio. I livelli di velocità dell’onda pulsatile sono più bassi dell’11% e il diametro dell’atrio sinistro più piccolo del 5%.

Inoltre le persone che fanno regolarmente il pisolino pomeridiano usano una minore quantità di farmaci.

L’INCUBO DELLA CISTITE RICORRENTE

CHE COSA E’ LA CISTITE BATTERICA RICORRENTE ?

La cistite batterica ricorrente è una infezione recidivante della vescica, tipica del sesso femminile, spesso sottovalutata e trattata in modo inadeguato.

Cistite cronica da escherichia coli
ANATOMIA DELLA PELVI FEMMINILE

Infatti la cistite batterica ricorrente viene considerata semplicemente come… la ripetizione ravvicinata di singoli episodi di cistite acuta!

E come tale viene curata…

La cistite batterica acuta è una delle infezioni femminili più comuni nella donna, e il 50-60% delle donne adulte avrà una cistite nella sua vita. Generalmente il primo episodio coincide con l'inizio dei rapporti sessuali. Nella maggior parte dei casi le cistiti sono “non complicate”, ovvero compaiono in donne sane che non hanno alcuna alterazione delle vie urinarie.

La cistite batterica ricorrente viene definita come la comparsa di 3 o più episodi di cistite in un anno. L’incidenza della cistite batterica ricorrente non è certa, ma alcuni studi riportano una percentuale di recidiva intorno al 27-40% di tutte le cistiti acute. La maggior parte delle cistiti ricorrenti si presentano entro i primi 3 mesi dallcistite e rapporti sessualia infezione primaria.

Il 60% delle cistiti batteriche ricorrenti è rappresentato da cistiti post-coitali (cistiti dopo rapporto), cioè infezioni urinarie che compaiono 24-48 ore dopo un rapporto sessuale (che pensate?...non può essere un caso!!)

La cistite batterica ricorrente è considerata una “reinfezione” quando è provocata da un batterio diverso da quello che ha causato il precedente episodio; è considerata una "ricorrenza" quando è causata dallo stesso batterio ma dopo che ci sia stata un’urinocoltura negativa o un intervallo di tempo di almeno 2 settimane tra le due infezioni. E’ invece considerata una “persistenza” quando, nonostante l’effettuazione di una adeguata terapia, continua ad essere presente lo stesso batterio iniziale, in un tempo inferiore a 2 settimane. 

CISTITE BATTERICA RICORRENTE: CHE SINTOMI POSSO AVERE?sintomi cistite cronica

I sintomi sono pressochè sovrapponibili a quelli della cistite acuta, ma spesso sono meno acuti e più persistenti.

  • •bisogno frequente e urgente di urinare
  • •sensazione di peso in vescica
  • •bruciore e/o dolore vescicale più o meno costante, che aumenta alla minzione
  • •bruciore e/o dolore uretrale
  • •minzioni notturne ripetute
  • •pollachiuria (cioè necessità di urinare più frequentemente del normale)
  • •rapporti sessuali dolorosi
  • •a volte sangue nelle urine
  • •a volte cattivo odore nelle urine
  • •a volte febbre e dolore addominale

LE CAUSE DELLA CISTITE BATTERICA RICORRENTE

I batteri uropatogeni che provocano la cistite fanno parte della flora fecale (vengono cioè dall'intestino). La normale flora batterica dell'area periuretrale, vulvare e perineale viene rimpiazzata da batteri uropatogeni a causa della contaminazione con la flora fecale provocata soprattutto dal rapporto sessuale. Gli uropatogeni colonizzano la vagina e l’uretra distale e successivamente ascendono nella vescica e causano l’infezione. Il  meccanismo di propagazione è lo stesso, sia per le cistiti sporadiche che per quelle ricorrenti.

Il batterio più frequentemente coinvolto nella cistite è l’Escherichia Coli, che è responsabile di oltre l’80% di tutti episodi di cistite. 

Altri patogeni sono lo Staphylococcus saprophyticus, la Klebsiella pneumoniae e il Proteus mirabilis, responsabili di circa il 12% dei casi.

Quando l’infezione iniziale è camannocist dusata da E. Coli, il rischio di reinfezione entro i 6 mesi successivi è molto alto. L’E. Coli presenta infatti importanti fattori di virulenza che ne facilitano il legame e la penetrazione nell’epitelio della vescica e dell’uretra, incrementando la sua capacità di provocare la cistite:

  • •le fimbrie del batterio, che promuovono l’adesione alle mucose e alla matrice tissutale dell’ospite,
  • •la capsula, che ricopre e difende il batterio dalle difese immunitarie dell’ospite,
  • •il flagello, responsabile della motilità del batterio, che facilita il contatto di questo con le cellule epiteliali superficiali del tratto urinario,
  • •la produzione di alcune molecole adesive in grado di far aderire selettivamente il batterio ai recettori delle cellule epiteliali,
  • •la produzione di tossine, citochine ed altro.

Inoltre i recenti studi mostrano come l’ E. Coli formi grandi serbatoi di batteri dormienti negli strati superficiali e profondi della parete vescicale che si radicano nei tessuti già dopo una prima infezione, racchiusi e protetti da una rete di matrice polimerica prodotta da loro stessi detta BIOFILM. Queste comunità di batteri, annidati dentro la matrice che aderisce alla superficie dell'urotelio, sono difficilmente aggredibili dai meccanismi immunitari dell’ospite e dalla terapia antibiotica. Riattivandosi regolarmente a seguito di eventi scatenanti, possono dar luogo a infezioni recidivanti.

Infatti, l’Escherichia Coli penetra nelle cellule dell'urotelio e forma i biofilm batterici. A seguito di un evento scatenante si moltiplica fino al punto da provocare la lisi cellulare e fuoriuscire in vescica (soprattutto durante un rapporto sessuale...RICORDATE LE CISTITI POST-COITALI!!). A questo punto infetta nuovamente l’urina replicandosi e aumentando le sue colonie,  provocando una ulteriore cistite.

La causa prima della cistite ricorrente è una reinfezione che parte dall’interno del corpo stesso!

E’ però indubitabile che, sebbene nella maggior parte dei casi la cistite recidivante sia preceduta da una infezione batterica acuta, l’infezione ricorrente non è legata alla sola presenza dei batteri nelle urine.

LE DIFESE DELLA VESCICA: QUELLO CHE FUNZIONA BENE... 

Il sistema urinario ha molteplici meccanismi di difesa per mantenere le urine sterili e contrastare la colonizzazione batterica:

  • •Il flusso urinario, che dirigendosi dalla vescica verso l’esterno lava via i microbi non adesi o poco adesi alla mucosa. Il rallentamento del flusso, l’aumento del residuo post-minzionale (tipicamente nel prolasso vescicale) l’incontinenza, sono fattori predisponenti l’infezione urinaria.
  • •Il pH urinario acido, la presenza di sali, urea e sostanze acide nelle urine, che riducono la sopravvivenza batterica nel tratto urinario. Quando il pH urinario sale cala il potere protettivo.
  • •La glicoproteina di Tamm-Horsfall che è presente nelle urine di un soggetto sano, chela gli antigeni dell’ E. Coli agendo sulle fimbrie e sulle proteine di adesione che vengono intrappolate, creando un complesso glicoproteina/batterio che viene eliminato con le urine.
  • •La resistenza delle cellule uroteliali all’adesione batterica, che è geneticamente determinata. La secrezione di anticorpi nei fluidi corporei (IgA nella saliva, secreto uretrale o vaginale, ecc) ha un effetto protettivo verso le infezioni batteriche. Studi effettuati hanno mostrato che il 20% delle donne non secerne localmente questi anticorpi (chiamate "non secretrici") e pertanto queste donne hanno un aumentato rischio di infezioni urinarie ricorrenti, soprattutto in post-menopausa.
  • cistite post-coitale•Il rivestimento della mucosa vescicale, ovvero l’urotelio (lo strato interno della vescica) è rivestito da una sostanza protettiva mucinosa chiamata GAG (glucosamminoglicano). Il GAG ha una molteplicità di funzioni e si comporta sia come  barriera “fisica” che come fattore antiaderente e di difesa contro infezioni e agenti irritanti (es. alcool, peperoncino ecc.). Una diminuzione patologica del GAG provoca un assottigliamento o un “buco” nella barriera mucinosa dell’urotelio, con un indebolimento della sua funzione protettiva e un danneggiamento della sottostante parete vescicale. In questa situazione, i batteri presenti in vescica adesi in biofilms oltrepassano la barriera uroteliale, raggiungono lo spazio interstiziale, si annidano e diffondono l’infezione, provocando l’infiammazione cronica dei tessuti della vescica e l'irritazione dei muscoli vescicali, spasmo e dolore.
  • •Il sigillo uretrale. Le varie strutture che compongono l’uretra, strato mucoso, sottomucoso e muscolare, sigillano il lume uretrale impedendo, da una parte, all'urina contenuta nella vescica di fuoriuscire, dall’altra, ai batteri proveniente dalla vulva e dal perineo di risalire e colonizzare le urine in vescica. Il rapporto sessuale, traumatizzando l’uretra e indebolendo questo meccanismo di chiusura, può creare una condizione favorente la colonizzazione batterica. Inoltre, il calo ormonale dato dalla menopausa, provoca la parziale atrofia di questi tessuti estrogenodipendenti indebolendo il sigillo.
  • Gli estrogeni, che favoriscono la colonizzazione vaginale e dell’uretra distale da parte di Lattobacilli che concorrono a mantenere un pH acido inibendo la crescita dei patogeni. Le donne in postmenopausa sono maggiormente suscettibili alle UTI in quanto, in carenza di estrogeni, gli uropatogeni aderiscono alle cellule epiteliali in maggior numero.
  • •Il pH vaginale, che è fisiologicamente acido, aiuta a mantenere un normale ecosistema che si oppone alla colonizzazione batterica. Un pH di 5 o superiore è associato alla vaginosi batterica, vaginite e cistite.
  • profilassi cistite post-coitale•La flora intestinale. L’alterazione dell’equilibrio della flora batterica intestinale può provocare una crescita eccessiva di entrobatteriacee, batteri intestinali tra cui sono compresi gli uropatogeni, in particolare l’E. Coli. Inoltre la stipsi è un altro fattore intestinale predisponente le infezioni urinarie ricorrenti.

...E QUELLO  CHE NON FUNZIONA!

  • •Il rapporto sessuale. Circa il 60% delle infezioni urinarie ricorrenti compaiono 1 o 2 giorni dopo il rapporto sessuale (cistite post-coitale). Il rischio di cistite aumenta di 3-4 volte il secondo giorno dopo il rapporto, sia nell’età fertile che in menopausa.
  • Anche la frequenza dei rapporti sessuali è collegata al rischio di cistiti ricorrenti post-coitali. Il calo del desiderio sessuale, la mancanza di lubrificazione, la  traumatizzazione dell’area periuretrale da parte del rapporto, attivano un processo di infiammazione locale che indebolisce le difese tissutali.
  • escherichia coli urine•Il freddo! E noto che un improvviso cambiamento della temperatura ambientale (aria condizionata, bagni freddi ecc.) può precipitare la ricomparsa di una infezione urinaria. 

COSA AUMENTA IL RISCHIO DI CISTITE RICORRENTE?

Esistono dei fattori di rischio associati alle cistiti croniche:

  • •Precedenti cistiti acute
  • •Alta frequenza di rapporti sessuali, alto numero di partners sessuali, uso di spermicidi,
  • •Precoce età della prima infezione urinaria (inferiore a 15 anni)
  • •Storia di cistite cronica nella madre
  • •Storia di cistite nell'infanzia
  • •Atrofia vaginale da carenza estrogenica
  • •Incontinenza urinaria, prolasso vescicale e residuo urinario postminzionale.
  • •Dismicrobismo intestinale
  • •Alterazione delle difese immunitarie
  • •Predisposizione genetica
  • •Malattie metaboliche (diabete)

LE CONSEGUENZE PSICOLOGICHE

cistite battericaIl danno prodotto dall’infiammazione cronica non è solamente localizzato a livello vescicale. La cronicizzazione dello stimolo algogeno (dolorifico) provoca a sua volta un abbassamento della soglia del dolore a livello cerebrale. Infatti, come risposta a questi segnali dolorosi che si ripetono continuamente, il cervello produrrà prima sintomi di ansia e poi via via, al permanere del dolore, di depressione. La donna percepisce questa malattia come una fragilità, un disagio, che le impedisce di vivere la sua vita pienamente, di programmare qualsiasi cosa nell’attesa angosciosa dello scatenamento dei sintomi. Anche la vita sentimentale spesso risente dell’impossibilità di vivere serenamente i rapporti sessuali (che possono scatenare il dolore). Ecco perché questo tipo di disturbi “inspiegabilmente” diminuisce fino a scomparire durante la notte, quando cala l’attenzione ad essi rivolta, per aumentare invece quando la donna non è distratta da altri impegni importanti, tipicamente nei fine settimana. 

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CHE CURE PER LA CISTITE RICORRENTE?

Da tutto quanto esposto consegue la necessità di intervenire il più presto possibile sui primitivi fattori predisponenti prima che questi a loro volta generino ulteriore cronicizzazione. 

La terapia delle infezioni urinarie è complessa e spesso si protrae a lungo. Si basa sulla somministrazione di antibiotici, sulla prevenzione delle ricorrenze, sullo scioglimento dei biofilms batterici e sulla ricolonizzazione di intestino, vagina e vescica con lattobacilli, i “bacilli buoni e protettivi”.

La terapia antibiotica mira a eradicare i batteri dalle urine e dai tessuti vescicali. A volte è necessario utilizzare terapie antibiotiche preventive a lungo termine e a basso dosaggio. Queste cure servono a mantenere una bassa ma costante concentrazione di antibiotico nelle urine per contrastare la replicazione e l'aggressiva diffusione dei batteri che si liberano dai biofilms, soprattutto durante e dopo i rapporti sessuali.

Come abbiamo visto, però, gli uropatogeni possiedono una grande capacità di adesione e penetrazione, che li rende difficilmente attaccabili e li protegge dagli agenti antimicrobici. Gli antibiotici pertanto, a parte nella terapia d'attacco per la cistite acuta in cui i batteri sono liberi nelle urine o adesi solo superficialmente sull’urotelio, hanno poca efficacia sui batteri protetti dai biofilms intracellulari. 

Da qui la necessità di utilizzare alcuni integratori che, pur non avendo attività antibiotica, hanno dimostrato una spiccata capacità di legarsi alle fimbrie  dei batteri, intrappolandoli in una rete e formando degli aggregati batterio/integratore, che vengono eliminati con le urine ad ogni minzione. Inoltre si sono dimostrate efficaci anche sostanze che, grazie alla loro azione mucolitica e proteolitica, hanno la capacità di sciogliere i biofilms batterici.

Quando l'infezione ricorrente ha generato uno stato di infiammazione tessutale autoperpetuantesi e, accanto ai sintomi urinari tipici della cistite, compaiono spasmo dei muscoli perineali e iperalgesia vescicale, uretrale o vulvare, è necessario utilizzare una terapia per il dolore neuropatico.

TERAPIA ANTIBIOTICA

debellare definitivamente escherichia coli

Terapia antibiotica preventiva low-dose di lunga durata

interessa sia le vie urinarie che il tratto intestinale e genitale. Gli effetti collaterali includono la comparsa di candidosi vaginale e orale, rush cutanei, nausea, sviluppo di antibioticoresistenza,  ma generalmente non compaiono sintomi gravi con nessun antibiotico.

  • Terapia antibiotica post-coitale preventiva 

La profilassi con antibiotico post-coitale si è dimostrata efficace nei casi in cui l'attività sessuale rappresenti il fattore scatenante l'infezione (quasi sempre!). La terapia consiste nell'assunzione di una singola dose  di antibiotico a basso dosaggio  appena terminato il rapporto sessuale. Questa terapia è molto efficace nella riduzione delle recidive di cistite.

TERAPIA CON RIMEDI NATURALI: GLI INTEGRATORI Rimedi naturali cistite

  • D - Mannosio.

E' uno zucchero semplice che viene estratto dalla corteccia del larice. Una volta assorbito, ha la caratteristica specifica di non essere utilizzato come nutrimento. I batteri ciliati (come Escherichia Coli ), incontrando le molecole di mannosio libero nell'urina, vi si legano grazie ai loro recettori e creano la forma complessa mannosio + patogeno, rimanendo intrappolati e venendo allontanati dalla vescica con la minzione.

  • cistite post rapportoMirtillo Rosso

Studi recenti hanno dimostrato che una alta concentrazione di estratto di mirtillo rosso riduce la produzione di ureasi, un enzima che facilita la diffusione dell’infezione e limita i movimenti dei batteri che colonizzano le urine. Il movimento è infatti un fattore chiave nella diffusione dell’infezione perchè i batteri “nuotano” nelle urine per diffondersi e sfuggire al sistema immunitario.

  • N-acetil-cisteina.

E' un integratore antiossidante, citoprotettore e mucolitico. Agisce sciogliendo la rete proteica del biofilms che intrappolano e nascondono i batteri all'interno della vescica.

Protezione e riparazione della mucosa vescicale  con acido ialuronico e condroitinsolfato

Si utilizza per la ricostituzione del GAG parietale, con somministrazione di acido ialuronico e condroitinsolfato per istillazione endo-vescicale o per bocca. Questa sostanza aumenta e accelera il processo di riparazione dello strato mucinoso dell’urotelio formato dal GAG

cistite cronica terapia

RIDUZIONE DELLA TRASMISSIONE NERVOSA DELLO STIMOLO DOLOROSO

  • Amitriptilina.

I canali del sodio sono responsabili della conduzione dell’impulso lungo la fibra nervosa. Quando una fibra nervosa “si infiamma” i canali del sodio si moltiplicano a dismisura. L’amitriptilina blocca i canali del sodio “in eccesso” con un’attività anti-infiammatoria sulla fibra nervosa , rallentando, fino a bloccare, la trasmissione dell’impulso doloroso.

  • Palmitoiletanolamide.

Riduce l'iperattività del mastocita e modula il dolore neuropatico

 

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E POI..........

  • utilizzare una dieta priva di sostanze pro-infiammatorie e priva di nickel

  • lubrificare la vagina durante i rapporti

  • ricolonizzare la vagina con bacilli “buoni” (bacillo di Doderlain)

  • ricolonizzare e riequilibrare la flora intestinale con lattobacilli

  • proteggere della zona pelvica dal freddo

  • evitare l’uso di spermicidi

  • imparare a rilassare il pavimento pelvico

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E’ CANDIDA………MA NON INNOCUA! Ovvero, come fronteggiare gli attacchi di un fungo.

Care amiche, ho ricevuto recentemente molte mail di ragazze che mi chiedono come fare a guarire da infezioni di candida recidivante......

 Flora microbica

La prima cosa da sapere è che la candida è un fungo saprofita abituale della nostra vagina. Cosa vuol dire saprofita? Vuol dire che la candida è un normale ospite della vagina e che è assolutamente normale che in vagina ce ne sia una certa quantità.

Non è possibile quindi eradicarla completamente e per sempre..... e non ce n’è neanche bisogno!

Perché, se la candida rimane in piccola concentrazione ed è in equilibrio con l’ecosistema vaginale, non provoca alcun fastidio, ma rimane parte, come commensacandida e vaginitele, della normale flora vaginale che è costituita prevalentemente da lattobacilli. 

Spesso però la situazione muta e si altera a causa di eventi esterni, i lattobacilli diminuiscono e si crea una situazione di calo delle difese immunitarie; allora i microrganismi patogeni aumentano di numero, prendono il sopravvento  e colonizzano tutta la vagina cominciando a dare sintomi, ovvero a dare vaginiti.

La candida è uno dei microrganismi che danno più frequentemente vaginite.

Quali sono i sintomi della vaginite da candida?

Il sintomo più tipico è il prurito, interno ed esterno, che può diventare veramente forte e imbarazzante.

rimedi candidaLa donna si lava frequentemente sperando di alleviare il prurito, ma questo non passa. Alcune arrivano a mettere del ghiaccio sulla vulva per diminuire questa sensazione fastidiosa! Bene, non fatelo mai, perché questo sì che provoca dei danni, delle ustioni da gelo, e una ulteriore irritazione.

Vagina con leucorrea a tipo "grumi di ricotta"
Vagina con leucorrea a tipo "grumi di ricotta"

La zona intima si infiamma e compaiono il rossore, il bruciore e le perdite biancastre, a grumi, tipo ricotta.

Spesso gli stessi sintomi vengono anche al partner! Infatti quest'ultimo può essere contagiato col rapporto sessuale e avere anche lui prurito, rossori diffusi, macchiette rosse e spellature a livello del glande.

Che cosa è successo dunque?

Il fungo, viracause candidato in una situazione di aggressività che gli viene consentita dalle mutate condizioni ambientali, diventa patogeno e si trasforma da lievito commensale (di forma ovoidale) in pseudo ifa o ifa  (con forma di filamento sottile) e produce enzimi che gli conferiscono una particolare adesività alla mucosa vaginale e sostanze che provocano irritazione. La mucosa viene invasa dalla candida e compare una intensa risposta immunitaria che si manifesta col rossore e bruciore.

Biofilm di Candida
Biofilm di Candida

Inoltre la candida, come altri microrganismi, ha la capacità di organizzarsi in biofilms, che sono costituiti da un materiale denso (slime) a matrice polisaccaridica prodotto dallo stesso fungo, in cui la candida si annida e prolifica, adesa alle mucose, protetta e inattaccabile dalle terapie e dalle difese immunitarie dell’ospite.

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L’assunzione di antibiotici per via sistemica (per bocca) è la causa più frequente di vaginite da candida antibiotico e candida

Ad esempio, abbiamo preso un ciclo di antibiotici per una infezione ai denti. L’antibiotico agisce ovviamente eliminando tutti i batteri che sono nel cavo orale (questo è l’effetto che volevamo ottenere quando abbiamo cominciato la terapia!). Ma al contempo elimina anche i batteri che sono in tutto il corpo, anche quelli buoni, per cui anche i lattobacilli intestinali e vaginali. 

Vaginite da Candida
Vaginite da Candida (particolare)

La candida invece no!

La candida non risponde e non viene attaccata dalle terapie antibiotiche, ma a questo punto, essendo stati uccisi tutti i competitors nell’ecosistema vaginale, dilaga e si prende quegli spazi che prima erano proprietà dei batteri buoni, provocando la vaginite. In corso di terapia antibiotica pertanto è consigliabile effettuare una cura per prevenire la candida. 

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Che altro può causare la vaginite da candida?

cause candida: rapporti sessualiLa candida può essere causata anche da attività che provocano irritazione della zona vulvare, come spinning e bicicletta, jeans stretti, salvaslip e indumenti sintetici (i famosi perizomi!), che danno sfregamento nelle zone intime delicate.

Il rapporto sessuale può essere una causa di vaginite da candida, sia per contagio diretto da parte del partner, sia soprattutto per le microabrasioni che a volte il rapporto può provocare all’ingresso vaginale, che induce un indebolimento delle difese locali.

cause candida: zuccheriUna alimentazione troppo ricca di lieviti, latticini e zuccheri può alterare il ph vaginale e la concentrazioni degli zuccheri in vagina, e diventare causa predisponente, come pure lo stress intenso e il calo delle difese immunitarie. Inoltre gravidanza e pillola anticoncezionale, che danno un aumento dei livelli plasmatici di estrogeni, possono predisporre alla candida.

rimedi candida

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Come possiamo correre ai ripari quindi?

Intanto facciamo la diagnosi corretta, perché spesso le vaginiti possono essere causate da altri tipi di microorganismi o da più tipi di germi.  le terapie contro la candida non sono efficaci per i batteri, e vice versa!

Per cui andiamo dalla ginecologa e lasciamole fare la diagnosi, che a volte può essere semplice, ma a volte ha bisogno di approfondimenti diagnostici:

Striscio Batterioscopico
Striscio Batterioscopico

    • striscio batterioscopico a fresco (per evidenziare i lieviti in gemmazione o le pseudoife),

  • valutazione del ph vaginale (perché la candida prolifica in ambiente acido mentre i batteri in ambiente basico),

  • tamponi vaginali appropriati (benchè possano risultare negativi anche se la candida è presente!).

Lichen Scleroatrofico Vulvare
Lichen Scleroatrofico Vulvare

Ma soprattutto sarà necessario fare la diagnosi differenziale con altre patologie non infettive che possono presentare alcuni aspetti in comune con la vaginite da candida, come la vulvodinia e il lichen sclero-atrofico (attenzione al prurito e al bruciore che persistono a lungo nonostante le terapie effettuate per debellare la candida!!).

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terapia candida sporadica

CHE TERAPIA?

Per la candida sporadica La terapia potrà essere semplicemente vaginale, con l’applicazione di ovuli (che di solito hanno una maggiore concentrazione del principio terapeutico rispetto alle creme) o creme antimicotiche (derivati azolici: econazolo, miconazolo, sertaconazolo, fenticonazolo ecc.) che in genere risolvono la situazione.

Una terapia interessante, ed efficace anche nella candida resistente agli azolici, è l’applicazione giornaliera, per almeno una settimana, di lipogel a base di acido borico, betaglucano e lattoferrina, che ha un’azione micostatica, lenitiva e immunostimolante. Molte sono le terapie alternative a base di prodotti naturali proposte, come i semi di pompelmo, il tea tree oil, la calendula, l'acido caprilico (per la candida intestinale) ecc.

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La situazione si complica quando la candida diventa recidivante.

Quando la candida comincia a tornare e ritornare, i sintomi non sono più così netti e riconoscibili, diventano più simili a quelli delle vaginiti batteriche, il prurito può essere presente ma spesso compare più bruciore, le perdite possono essere scarse, più omogenee e perdere l’aspetto tipico "a ricotta". I rapporti sono generalmente molto dolorosi, c’è come un senso di secchezza, di qualcosa che si strappa durante la penetrazione….

Anche qui la diagnosi è fondamentale.

E poi che fare?

A questo punto la sola terapia vaginale non basta (anche se a mio avviso rimane comunque un pilastro della terapia della candida ricorrente!).

La terapia sistemica (ossia per bocca) ha un ruolo importante nella prevenzione delle recidive e inoltre ha lo scopo di bonificare anche gli eventuali foci presenti nell’intestino.

terapia farmacologica candidaSul bugiardino di alcuni farmaci troverete che la posologia consigliata per la terapia della candidosi complicata è una sola compressa di fluconazolo per bocca. Purtroppo ormai non è quasi mai così, perché attualmente la candida, come altri batteri, ha sviluppato una notevole resistenza alle terapie convenzionali utilizzate da molto tempo, e una terapia breve difficilmente sortisce effetto neccessario. In più, alcune specie di candida come C. krusei, C. glabrata e C. lusitaniae hanno una resistenza innata o acquisita agli azoli ed altri antifungini. 

Fluconazolo
Fluconazolo

Per cui, per la cura della candida recidivante spesso è necessario "andarci giù un po’ pesanti”, utilizzando farmaci sistemici a lungo, con richiami settimanali anche per mesi.

La terapia di prima scelta è il Fluconazolo somministrato giornalmente in compresse di 100, 150 o 200 mg. 

Gli schemi posologici possono variare molto, iniziando con una somministrazione di attacco di una compressa per 10 gg, e poi proseguendo con singole somministrazioni settimanali, per 3/6 mesi.

Come seconda scelta si può usare l’itriconazolo compresse da 100 mg,  2 compresse al dì, a stomaco pieno perché si assorbe meglio, per 3 giorni ogni 15 giorni per 3/6 mesi.

Acetilcisteina
Acetilcisteina

E’ utile anche l’assunzione di sostanze ad azione mucolitica per sciogliere i biofims micotici che sono adesi alla mucosa vaginale e che sono in parte causa della ricorrenza dell’infezione. 

Nel caso in cui sia evidente che la causa scatenante della candida ricorrente è il rapporto sessuale, con un nesso di causa ed effetto, può essere una scelta terapeutica ragionevole l’applicazione in vagina di una o due dosi di crema a base di acido borico dopo il rapporto. 

Ma soprattutto è necessario andare a ricostruire, con la somministrazione protratta nel tempo di probiotici e lattobacilli, quell’ecosistema vaginale e intestinale che, essendo alterati, hanno permesso l’instaurarsi di una micosi recidivante. 
yogurt e candidaUna curiosità: molte donne utilizzano in vagina yogurt bianco senza zucchero per ripristinare la flora batterica lattobacillare.

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COSA SUCCEDE QUANDO ARRIVA IL MOMENTO DEL PARTO?

settimane di gravidanza

Quando arrivi alla fine della gravidanza una delle tue principali preoccupazioni è: come sarà il mio parto? Come farò a capire che sta iniziando?

Molte donne sperimentano dei chiari e comprensibili sintomi all’inizio del travaglio di parto, mentre altre sono in uno stato molto più confuso. Nessuno sa chiaramente che cosa fa iniziare il meccanismo del parto o quando, ma la comparsa di alcuni cambiamenti fisici può indicare che il parto sta arrivando. Questi segni sono rappresentati da:

  • L’impegno della testa fetale
  • La perdita del tappo mucoso
  • Le contrazioni uterine
  • L’appianamento e dilatazione del collo uterino
  • La rottura delle acque

L’IMPEGNO DELLA TESTA FETALEparto naturale

Il processo mediante il quale il bambino si insinua e si spinge all’interno della tua pelvi prima del parto si chiama IMPEGNO. L’impegno della testa fetale può avvenire alcune settimane prima del parto oppure poche ore prima. Poiché durante l’impegno della testa del bambino l’utero spinge sulla vescica, puoi avvertire più frequentemente il bisogno di urinare e puoi sentire un peso molto in basso nella vagina.

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LA PERDITA DEL TAPPO MUCOSO

Il tappo mucoso è un accumulo di muco denso che si forma nel canale cervicale (nel collo dell'utero) durante la gravidanza. Quando il collo uterino (cervice) comincia ad allargarsi il muco viene spinto in vagina e tu vedrai fuoriuscire delle perdite gelatinose e capirai che il collo uterino ha cominciato a dilatarsi. I’aspetto del tappo mucoso può essere chiaro, rosa o leggermente striato di sangue. Il parto può iniziare subito dopo la perdita del tappo mucoso oppure 1-2 settimane più tardi.

data partoLE CONTRAZIONI UTERINE

Le contrazioni uterine servono a dilatare la cervice e spingere il bambino all’esterno fuori dall’utero. Durante le contrazioni uterine l’addome diventa duro, mentre fra una contrazione e l’altra, poichè l’utero si rilassa, l’addome ritorna morbido. La contrazione viene percepita in modo molto diverso da ciascuna donna e anche diversamente da un parto all’altro. Generalmente però le contrazioni da parto generano un dolore sordo e fastidioso nella regione lombare e nel basso addome, con un aumento della pressione nella pelvi. Le contrazioni hanno una andamento a “onda”, dalla parte alta dell’utero sino alla parte bassa. Molte donne descrivono le contrazioni come una sorta di crampo mestruale forte.

Qual’e’ la differenza fra vero e falso travaglio? Prima che il vero travaglio cominci tu puoi avere dei “falsi dolori” da travaglio. Questi dolori data presunta partosono provocati da contrazioni chiamate ”di Braxton Hicks”. Queste contrazioni uterine irregolari sono perfettamente normali, sono preparatorie al vero travaglio, e possono comparire dal secondo trimestre, sebbene siano più comuni nel terzo trimestre di gravidanza. Le contrazioni di Braxton Hicks possono essere descritte come un irrigidimento della zona addominale che va e viene. Non sono ravvicinate, non aumentano camminando, la loro durata e il dolore non aumentano con il passare del tempo, a differenza delle vere contrazioni del travaglio di parto.

Come faccio a capire quando arriva il vero travaglio? Per capire se sta arrivando il vero travaglio chiediti alcune cose: Quanto spesso vengono le contrazioni?  Cambiano con il movimento? Quanto sono forti? Dove senti dolore?

Nel falso travaglio le contrazioni sono spesso irregolari e non sono ravvicinate, possono fermarsi quando cammini, riposi, o quando cambi posizione, sono generalmente deboli e non diventano più forti col passare del tempo. Oppure possono essere più forti all’inizio e poi diventare più deboli. Le contrazioni vengono generalmente avvertite nella zona addominale anteriore o nella zona pelvica.

Nel vero travaglio le contrazioni vengono a intervalli irregolari e durano circa 30-70 secondi. Con il passare del tempo divengono più ravvicinate, continuano anche se ti muovi e cambi posizione, generalmente iniziano nella zona lombare bassa e si irradiano verso la parete addominale anteriore.

travaglioCOS’E’ L’APPIANAMENTO E LA DILATAZIONE DELLA CERVICE?

Durante il travaglio di parto la tua cervice diventa sempre più sottile e sempre più corta, stirandosi e aprendosi intorno alla testa del bambino, come un imbuto. L’accorciamento e assottigliamento  è detto APPIANAMENTO, ed è misurato in percentuale, da 0% a 100%. Quando la cervice ha uno spessore dimezzato il suo appianamento è del 50%. Quando è completamente assottigliata è del 100%. Già settimane prima del travaglio il ginecologo ti può comunicare che è presente un iniziale appianamento del collo uterino. Questo meccanismo è preparatorio al travaglio e generalmente è causato dalle contrazioni di Brackston Hicks di cui abbiamo parlato. Lo stiramento e l’apertura della tua cervice è detta DILATAZIONE ed è misurata in centimetri; la dilatazione è completa a 10 cm. L’appianamento e la dilatazione sono l’effetto diretto di valide contrazioni uterine sulla cervice. I’andamento del travaglio è misurato dal progressivo appianamento e dalla dilatazione della cervice che permetteranno il passaggio del bambino nella vagina.

COSA SUCCEDE SE MI SI ROMPONO LE ACQUE?

Quando si rompono le membrane amniotiche (il sacco pieno di liquido che circonda il bambino in gravidanza) puoi avere la sensazione di una improvviso fiotto di liquido che esce rapidamente dalla vagina o di uno sgocciolio di liquido che scivola sulle gambe. Questo liquido è generalmente privo di odore e può essere chiaro o leggermente giallino. Se si rompono le acque ti consiglio di scrivere l’orario della rottura, quanto liquido è uscito, che tipo di liquido è, e poi chiamare il tuo ginecologo. Sebbene il travaglio possa non partire immediatamente dopo la rottura, il parto avverrà entro 24 ore. Infine ricorda che non tutte le donne hanno la rottura spontanea delle acque durante l'inizio del travaglio. In molti casi sarà il ginecologo a rompere le membrane quando sarai già ricoverata in ospedale, a travaglio avanzato .

COME FACCIO A CAPIRE QUANDO DEVO ANDARE IN OSPEDALE?

Quando pensi che il tuo “vero” travaglio sia iniziato comincia a controllare la durata delle contrazioni. Le contrazioni iniziano lievi, non molto dolorose, generalmente partono ogni 15 – 20 minuti e durano da 60 a 90 secondi. Poi le contrazioni diventano più regolari sino ad avere un intervallo di 5 minuti. Tu dovresti andare all’ospedale quando hai contrazioni forti, che durano 45 – 50 secondi e partono ogni 4 – 5 minuti.

COSA POSSO FARE PER MIGLIORARE I DOLORI DEL TRAVAGLIO?

Durante il primo stadio del travaglio di parto (detta fase latente) la cosa migliore è rimanere a casa e aspettare. Ci sono alcuni accorgimenti che ti possono aiutare:

  • Cerca di distrarti, fai una passeggiata, guarda un film ecc.
  • Fatti un bagno (meglio di no se le tue acque si sono rotte) o una doccia calda
  • Prova a dormire o fare un pisolino. Hai bisogno di accumulare energia per il travaglio di parto!

QUANDO DOVREI CHIAMARE IL MIO GINECOLOGO O ANDARE IN OSPEDALE?

Quando tu capisci di essere nella fase attiva del travaglio  devi chiamare il ginecologo o contattare l’ospedale. Lo devi chiamare anche se:

  • pensi che ti si siano rotte le acque
  • stai sanguinando
  • ti sembra che il bambino si stia muovendo meno del solito
  • le tue contrazioni sono veramente dolorose e insopportabili, e sono ritmiche, ogni 5 minuti, da almeno un’ora.

E POI??? .....IN BOCCA AL LUPO!!

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GRAVIDANZA DOPO 40 ANNI

Qualche volta mi sento chiedere da donne di quaranta anni: “Quanto posso aspettare ancora, prima di fare un figlio?”

ASPETTARE ANCORA?? A QUARANT'ANNI??

Forse l’argomento merita qualche chiarimento.

La fertilità cambia nel corso della vita. Questo è un dato di cui dovremmo essere consapevoli!

Nelle ragazze, l'inizio del periodo riproduttivo è caratterizzato dalla comparsa della prima mestruazione e della ovulazione; dopo la menopausa la donna non ha più l'ovulazione. Generalmente il potenziale riproduttivo diminuisce a mano a mano che l'età avanza, e si calcola che la fertilità diminuisca drasticamente 5 - 10 anni prima della comparsa della menopausa.

Nella società odierna sta diventando sempre più frequente posticipare l’età della prima gravidanza. Le cause socio-culturali sono varie: dal cambiamento dello stile di vita al prolungarsi degli studi, dalla difficoltà a trovare un lavoro alla crisi economica incombente, ecc. Ma, anche se oggi le donne sono più longeve, hanno una maggiore attenzione alla loro salute e sono più sane, il miglioramento della condizione di vita non modifica affatto il declino naturale della fertilità legata all'età. E questo declino può avvenire molto prima di quanto le donne possano immaginare….

Il feto femmina, intorno alla 20ª settimana di gestazione, ha la massima quantità di ovociti della sua vita (uovo femminile, 6-7 milioni). Già alla nascita, però, la bambina ha una quantità di ovociti nettamente inferiore alla fase fetale (1-2 milioni).  Con il passare degli anni, il numero di ovociti nelle ovaie diminuisce per un processo naturale di degenerazione (atresia). Superati i 30 anni, una donna conserva solamente il 12% degli ovociti iniziali; a 40 anni la percentuale scende al 3-4% per diventare quasi nulla dopo i 45 anni.

Il periodo riproduttivo migliore della donna è dai 20 ai 30 anni. La fertilità diminuisce gradualmente dopo i trent'anni, in particolare dopo i trentacinque. Una donna sana e fertile di trent'anni ha il 20 % di possibilità di avere una gravidanza per ogni tentativo mensile. All'età di 40 anni la chance di avere una gravidanza ad ogni ciclo  è inferiore al 5 %. La diminuzione della quantità di ovociti è detta “riduzione della riserva ovarica”. La riserva ovarica diminuisce drasticamente molto prima dell’inizio della menopausa e la maggior parte delle donne dopo i 45 anni non riuscirà ad avere più una gravidanza. Queste percentuali sono estremamente reali, sia per il concepimento naturale che per le tecniche di procreazione assistita come la fertilizzazione in vitro. Sebbene le storie che compaiono sui media e sui siti gossip inducano a credere che sia sempre possibile, con il ricorso a tecniche di procreazione assistita (FIVET, ICSI ecc.), avere una gravidanza, l'età della donna condiziona pesantemente il successo di questi trattamenti. Infatti dopo i 45 anni gli ovociti perdono totalmente la loro capacità riproduttiva e le gravidanze si ottengono generalmente mediante l'ovodonazione (cioè ricevendo l'ovulo da una donna donatrice giovane). La perdita della capacità riproduttiva età-dipendente è strettamente correlata al declino della qualità e della quantità degli ovociti.RIUSCIRE AD AVERE UN BAMBINO

Il peggioramento qualitativo degli ovociti legato all'età provoca, oltre a una diminuzione della percentuale delle gravidanze, anche un aumento del numero degli aborti spontanei. Si verifica infatti una maggiore frequenza di alterazioni genetiche chiamate aneuploidie (presenza di un numero irregolare di cromosomi nell’ovocita) il che significa che, se la fertilizzazione ha successo, l'embrione avrà comunque delle alterazioni cromosomiche. Ben conosciuta è la sindrome di Down in cui l'embrione ha un cromosoma 21 in più. La maggior parte di questi casi con un numero di cromosomi alterato esita in aborti.

Qual'è dunque l'età massima per avere un figlio?

È di essenziale importanza che le donne che desiderano una gravidanza siano informate e consapevoli dell’impatto dell’età sulla fertilità. Le donne con più di 37 anni che stanno provando ad avere una gravidanza dovrebbero intraprendere un percorso diagnostico e terapeutico già dopo sei mesi di fallimento, o anche prima se esiste una precisa indicazione clinica.

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